Domenica mattina sono andato a correre, complice la pioggia rinfrescante della notte precedente. Come al solito sono arrivato fino a Riverside Park e ho cominciato a scendere verso sud, ma non appena arrivato al parco, ho notato qualcosa di strano sulla Hudson Parkway, l’autostrada che costeggia il fiume. Un’intera corsia era chiusa al traffico e, al posto dei Suburban e delle Camaro, sfrecciavano a tutta velocità biciclette da corsa.
In un attimo ho realizzato: è la domenica del Triathlon! Per chi non lo sapesse, questa bizzarra disciplina prevede che si nuoti per 1,5 km, si pedali per 40 km e si corra per 10, tutto senza soluzione di continuità.
Una volta giunto al lungofiume, mi si è parato davanti il vero spettacolo: a New York vedere persone che corrono e vanno in bicicletta è molto frequente, ma ammirare centinaia di persone che nuotano nella baia, è decisamente meno probabile.
Io mi trovavo a metà tra due frazioni della gara e, correndo, avevo un po’ la sensazione di partecipare anch’io all’evento. Ma la cosa che più mi ha impressionato è stato il rumore, lo sciabordio delle gambate e delle bracciate degli atleti, insolito e inaspettatamente forte, che si imponeva sul frastuono della città.
Nonostante a monte ci fosse una nave “shear sea”, sorta di aspirapolvere fluviale, l’acqua non era per niente pulita, né invitante. Perciò ho pensato a quanto spesso si dica che a New York c’è posto per tutti e non sono completamente d’accordo con l’affermazione: lo spazio vitale non è precluso a nessuno, ma per conquistarselo e mantenerlo, a volte occorre essere disposti a tutto, anche a sguazzare nel limo.
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Tommy….sei uno scrittore spettacolare sono emozionata ogni volta che leggo i tuoi articoli e soprattutto sono orgogliosissima di te.
baci Tanda