Il mio amico M. ha una passione sfrenata per i taxi Ford Crown Victoria e, anche quando è di fretta, ne aspetta uno piuttosto che salire su una delle nuove ibride. Il fascino e la robustezza di questi vecchi carrozzoni è impressionante: una volta un taxista mi ha confessato che la manutenzione è quasi nulla e qualsiasi pezzo di ricambio si trova ovunque per poche centinaia di dollari.
Ma il simpatico autista mi ha anche rivelato che, ogni tre o quattro anni, la New York Taxi Cabs impone di cambiare i mezzi e, con la recente ventata ecologista, tra al massimo dieci anni non si vedranno più in giro queste “full-size”. Anche a me piacciono, ma non sono così fanatico e vedo di buon occhio un po’ di aria pulita in città. Circa un anno fa l’amministrazione Bloomberg ha firmato un accordo con la Nissan per la fornitura di taxi totalmente elettrici modello “Leaf”; da ottobre 2011 sei auto-pilota girano già per le strade di Manhattan. Diciamo che hanno un’ aria molto nipponica e poco newyorchese, ma sono comodi, silenziosi e senza emissioni, perciò pollice alzato.
La notizia vera è che non si tratterebbe dei primi taxi elettrici di New York. Nel 1900 a New York c’erano più automobili a batteria che veicoli a benzina. Le auto elettriche sembravano allora (e oggi?!) ideali per il trasporto urbano: silenziosi, non inquinanti e facili da usare. Così il magnate William Whitney investì un po’ di soldi per fondare l’Electric Vehicle Company. Era perfino riuscito a trovare una soluzione al problema della scarsa autonomia delle batterie: invece di fermarsi per ricaricarle, i taxi facevano sosta alla centrale di Broadway e sostituivano la batteria esaurita con una carica, per ripartire subito dopo. Chi ha ancora il coraggio di dire che il XXI secolo è all’avanguardia?
Ma Whitney commise un errore: mai fare il passo più lungo della gamba… (continua alla prossima puntata)
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