Dunque, come tutti sapete, e come tutti i giornali e siti di notizie hanno ricordato, e’ appena passato l’11 Settembre 2010, nono anniversario dall’attacco terroristico alle Torri Gemelle.
Premetto che non voglio stare qui a dilungarmi su cosa sia successo, su quanto terribile sia stato, su come ho vissuto quel lontano 9.11.2001 (anche perche’ l’abbiamo gia’ detto su Facebook :)). Vorrei invece soffermarmi su altri tre aspetti che per me personalmente girano intorno all’evento dell’11 Settembre, e descrivere un poco come ho vissuto questo appena passato.
Il primo aspetto che mi ha colpito moltissimo e’ che questo e’ il mio quarto 11 Settembre a New York. Ed e’ anche l’unico in cui ho finalmente deciso di “guardare in faccia alla realta’” e scendere fino a Ground Zero (dove tra parentesi non vado mai, ma proprio mai, a meno che ci siano ospiti in visita.) E infatti, questo e’ stato il primo 11 Settembre a New York con un amico in visita dall’Italia, che ha da subito mostrato il suo desiderio di andare a vedere la ferita aperta proprio nel giorno in cui era stata inflitta. Dapprima riluttante, ho poi pensato: “Perche’ no?” In fondo, tutti gli italiani che conosco direttamente o indirettamente non fanno altro che chiedermi come sia l’atmosfera qui a New York nell’anniversario della tragedia e, dato che negli scorsi tre anni ho sempre risposto: “Mah, sinceramente e’ un giorno come gli altri”, quest’anno ero pronta a dare una risposta diversa (anche perche’ cadeva di sabato, il che mi permetteva di andare fisicamente a vedere le celebrazioni).
Armati di tanta buona volonta’, eravamo gia’ in grandissimo ritardo alla partenza — e quindi abbiamo assistito in televisione al discorso di Bloomberg, Biden e alla recita della sfilza di nomi di tutte le piu’ di tremila persone che hanno perso la vita nove anni fa, e ci siamo poi messi in cammino. Da un lato, ringrazio la sveglia di non essere suonata: la celebrazione commemorativa mi e’ sembrata non un “ricordare”, come dicono loro, ma un “rivivere”. Rivivere quella mattina, rivivere il dolore, rivivere la caduta delle torri, rivivere lo schiaffo morale alla societa’ occidentale. Onestamente, mi e’ sembrato un po’ troppo. Un po’ troppo da sopportare per me, che sono italiana e quindi sono una “drama queen” per antonomasia — figuriamoci per tutti coloro che hanno vissuto in prima persona la tragedia.
Il secondo aspetto che mi e’ rimasto impresso e’ stato il fatto che, una volta arrivati finalmente a Ground Zero (dopo svariate soste ristorative e fotografiche), la marea di gente che ci ha accolto era primariamente costituita da turisti. Come se i piu’ colpiti, i piu’ ligi al dovere di commemorazione fossero quelli che quel giorno l’hanno vissuto di striscio attraverso i mass media. I veri americani…bo…non c’erano. Magari se n’erano gia’ andati.
In ogni caso, allontanandoci leggermente da dove si teneva la manifestazione ci siamo trovati nel mezzo di discussioni religiose accese, con da una parte i cattolici con tanto di Bibbia in mano, e dall’altra un paio di islamici, che chiedevano comprensione. Mi sono molto stupita nel vedere che la maggior parte del pubblico stava dalla parte dell’Islam, aggredendo verbalmente la parte cattolica, e accusandola di non aver nemmeno letto il Corano, e dunque di parlare senza cognizione di causa. Caspita, ho pensato. E’ come assistere alle Crociate inverse. E la cosa fondamentale e’ che ormai non si trattava piu’ di 11 Settembre: come sempre New York e’ andata avanti, ha incassato il colpo, si e’ rialzata, ed ora e’ pronta alla prossima lotta, che nello specifico riguarda la costruzione della tanto discussa moschea in zona Ground Zero.
In terzo e ultimo luogo, cio’ che vorrei sottolineare ancora una volta e’ che nessuno degli americani che conosco si e’ recato a Ground Zero. O ha celebrato in qualche modo l’occasione. Come a dire che non ci serve l’11 Settembre per ricordarci dell’11 Settembre. Quel giorno ha cambiato il mondo, e nel nostro piccolo, tutti sappiamo che valore attribuirgli, che ricordi legarci, che pensieri associarci, senza bisogno di essere a New York. Tutti abbiamo un ricordo ben preciso di quello che stavamo facendo, di quello che abbiamo pensato, di quello che abbiamo temuto sarebbe venuto dopo.
E quindi andare a visitare Ground Zero proprio quel giorno per ricordare la tragedia, sinceramente, non ha molto senso. Cosi’ come non ha senso chiedere a chi e’ a New York come si viva l’atmosfera da 11 Settembre (non fraintendetemi…l’avrei chiesto anche io, se non fossi qui).
Be’ in ogni caso a chi me lo richiedesse, ora so cosa rispondere: il cambiamento che l’11 Settembre ha inflitto non si sente solo l’11 Settembre. La ripercussione di quella giornata e’ stata molto piu’ profonda, e ravvisabile nella vita di tutti i giorni, in ogni angolo di New York. Perche’ l’11 Settembre per gli americani e’ equiparabile a una brutta caduta in moto da cui si e’ sopravvissuti, e di cui si ha ancora la cicatrice da far vedere agli amici. Ancora un po’ fa male quando cambia il tempo o qualcuno te la tocca. Pero’ la si mostra con orgoglio, perche’ rappresenta un inno alla vita, quella vita che si era a tanto cosi’ dal perdere. E un poco ci si sente anche invincibili. E quando la si guarda ci si ricorda di com’era la pelle prima — e un po’ manca l’effetto liscio che aveva. E un po’ si ripudia quel cambiamento. Ma non ci ci si accorge che cio’ che e’ cambiato di piu’ in noi e’ ben altro: e’ il modo in cui ora, sguardo alto, un poco piu’ attento, un poco piu’ maturo, risaliamo sulla moto. E, infilata dolcemente la prima, continuiamo a guidarla.
secondo me c’erano solo turisti anche xkè è appunto il 9° anniversario, e per molti che amano quella città ma non la vivono quotidianamente come i newyorkesi, è l’unica opportunità per commemorare quel giorno proprio nel luogo in cui è accaduto tutto quello che sappiamo bene.
Per fare un paragone molto stupido è un pò come l’empire state building, o qualsiasi altro monumento…. chi ci vive accanto non lo percepisce come ho scritto io nel mio racconto, potrà andarlo a vedere e salirci una volta.. due se ha proprio tanta voglia di fare qualche bella foto, o per accompagnare qualche amico turista, ma poi alla fine è un palazzo che vede tutti i giorni dalla finestra di casa. Diventa la quotidianità. e così anche per la commemorazione dell’11 settembre.. secondo me gli americani, i newyorkesi ci saranno stati in massa, si, nel 2002, poi hanno iniziato sempre più a calare e fare spazio ai turisti… ma infondo è anche giusto così, se new york si fermasse del tutto ogni 11 settembre, significherebbe che non ci sarebbe ripresa, e non sarebbe per niente un fatto positivo….
Commemorare cioe’ ricordare pubblicamente e solennemente un avvenimento tragico e’ politicamente corretto.
Rievocare brutalita’ inflitte dal terrorismo esorcizza altri crimini. Il cantiere di Ground Zero mai ultimato in 9 anni e’ una ferita lasciata aperta per continuare a piangersi addosso.
Ricostruire e’ come dimenticare, passare oltre, superare.
Il dolore se non e’ visibile, manifesto, amplificato, urlato ad ogni anniversario non dimostra sufficiente strazio.
La disperazione di chi ha perso senza ragione una persona cara non cerca esposizione ma solo consolazione che le celebrazioni non possono dare.
Era un agosto del 1997, eravamo a NYC per la prima volta, era ora di pranzo e parlavamo con il proprietario di una pizzeria, un italo-americano, felice di incontrare, come spesso ci è capitato nei nostri viaggi, un suo connazionale.
Un tipo simpatico, gentile, che ci ha raccontato la storia della sua famiglia e la sua storia di emigrazione. Era il titolare di una pizzeria un pò speciale, perchè si trovava nello skydeck della torre nord.
E vero mia cara Cristina, l’11 settembre lo si ricorda ogni giorno, lo si sente ogni giorno, almeno per me è così. Non era un mio parente, ma non posso dimenticare quell’incontro, quella vita, la sua famiglia…