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Ristoranti in Cinema e Musei in Bar a New York

26 Febbraio 2018 di Cristina Lascia un commento

Ci sono milioni di cose da fare quando fa freddo a New York. I musei sono sicuramente una di quelle cose che non tramonteranno mai. Eppure, in aggiunta all’opzione più “culturale” ci sono una miriade di attivita’ che New York mette a disposizione per gente che nella citta’ ci vive, o semplicemente ci dorme temporaneamente, per godere di ogni singolo secondo nella Grande Mela.

Una delle mie attivita’ preferite quando fa freddo, ad esempio, e’ andare al cinema — ma non in un cinema a caso. Perche’ altrimenti…che razza di consiglio sarebbe. Anche a voi piace andare al cinema quando fa freddo, e non dovete per forza essere a New York per andarci. Dicevo: mi piace andare nel nuovo Alamo Draft House Cinema che hanno aperto da poco a Downtown Brooklyn. E dato che la notte degli Oscar e’ prossima, nel caso vi trovaste a New York questa settimana, vi consiglio di fare un salto a vedere uno dei tanti film nominati, per queste tre ragioni fondamentali.

  1. PERCHE SI MANGIA. Lo so, lo so. “Pensi sempre a mangiare. Eccheppalle.” Vero, avete ragione, ma Alamo Draft House ha preso la classica serata in uscita invernale italiana a tema “pizza e cinema,” l’ha shakerata, remixata e messa in forma Newyorkese: cena e film allo stesso tempo cosi guadagnano quell’ora in cui il Newyorkese medio solitamente conquista il mondo, o almeno ci tenta. Quindi: mentre guardi tranquillamente il film, puoi anche ordinare la tua cena, drink incluso, e sentirti un po’ come sul divano di casa tua. Il mio piatto preferito e’ l’hamburger di agnello con salsa alla menta. Decisamente non male per un ristorante in un cinema.
  2. PERCHE LE SEDIE SONO SUPER COMODE. Riguardo a quello che dicevo nel punto uno: sembra di essere sul divano di casa tua. E in effetti in parte e’ perche’ le sedie sono comodissime, con tanto di tavolino in allegato e divisi due a due, cosicché non dobbiate stare vicini vicini ad altre persone al di fuori del vostro partner di cinema.
  3. E IN ULTIMO, MA IN VERITA’ IN PRIMIS, PERCHE’ IL BAR LEGATO AL CINEMA E’ SPETTACOLARMENTE SPAVENTOSO. Il bar, che si chiama “House of Wax,” e’ un inusuale museo delle cere all’interno di un bar in stile vittoriano. Dopo aver preso i biglietti del film, vi consiglio di prendervi uno dei tanti cocktails sul menu, che sono per la maggior parte creati da un mixologist dietro a un lungo bar di legno, con ingredienti perlopiù botanici, cosi come vorrebbe la tradizione del 1800. Ma la lista dei cocktails non e’ l’unico motivo per cui dovreste farvi un giro a House of Wax. Il vero motivo e’ per rimanere a meta’ tra l’incantato e il disgustato nel vedere le teche piene di “maschere della morte” di personaggi famosi del passato come Beethoven e Napoleone, e parti anatomiche utilizzate nel 1800 per l’educazione al pubblico sulle malattie contagiose del momento. Dopo le “maschere della morte” infatti, si entra in un area di luce soffusa dove dietro ad avventori che sorseggiano tranquillamente il loro cocktail, ci sono scaffali su scaffali che mettono in bella mostra parti del corpo affette da tumori, malformazioni, lebbra e sifilide. Insomma, un vero e proprio schifo. Che pero’ e’ talmente morboso e torbido da non riuscire a farvi staccare gli occhi dalle riproduzioni veramente fuori di testa.

Quest ultimo motivo mi porta a tre riflessioni/domande con cui vorrei concludere:

  • Cosa e’ venuto in mente al tizio (sicuramente super hipster) che un paio di anni fa ha visto che a Monaco la collezione morbosa di cere sarebbe stata messa in vendita e l’ha comprata? Qual e’ stato il pensiero per il quale ha deciso di volare a Monaco e comprare questa collezione che e’ a quanto pare un raro esemplare rappresentativo di esibizione di anatomia morbosa del secolo scorso? Dove e’ stato il momento da lampo di genio secondo il quale ha deciso di portare TUTTA la collezione in America, in attesa di capire cosa farne?
  • Saro’ forse un po’ deformata (haha, pun not intended) professionalmente, ma questa cosa che la competizione tra i bar a New York e’ talmente alta che devo metterci una collezione che crea un effetto shock nei miei avventori per differenziarmi mi fa abbastanza impazzire. Ormai non basta più avere dei buoni drinks. Devi anche avere la rappresentazione in cera di un organo maschile affetto da sifilide davanti agli occhi mentre sgranocchi patatine e ti bevi un Negroni Classico. Questi estremi mi fanno un po’ riflettere su cosa verra’ poi, nel futuro, per essere sicuri che gli avventori scelgano di venire nel tuo bar e passarci la serata (perche’ tra leggere tutte le etichette e scrutare tutte le rappresentazioni in cera con alto scrutinio e faccia disgustata, ci metti una serata intera, prima e dopo il film.) Un museo in un bar non e’ un’idea nuova. Un museo delle cere di anatomia morbosa del 1800 direttamente dalla Germania, in un bar: quella e’ un’idea nuova. Anche se fa gioco sulla curiosità torbida e morbosa quasi patologica che fa parte del DNA umano, devo dire che la strategia marketing ha funzionato su di me, e continua a funzionare perche’ in effetti…il posto e’ talmente fuori da qualsiasi canone di decenza che ci ritornerei subito.
  • In ultimo, leggendo la storia dell’esibizione originale che e’ stata lanciata a Berlino nel 1869, si evince che la collezione ha avuto tantissimo successo fino al 1920 — primariamente perche’ faceva leva su argomenti tabu’ come malattie contagiose, organi sessuali, gravidanze e parti, che intrigavano il pubblico pagante, trasformandole in un’occasione educativa e non più ostracizzata dalle masse. Dopo il 1920 pero’, l’avvento del cinema e quindi di un sistema di intrattenimento molto più alto e culturale, ha fatto si’ che questi musei finissero nel dimenticatoio. Quasi legata al karma, quindi, la decisione di mettere ora la collezione all’interno di un cinema, per assicurarsi l’afflusso di traffico. Come dire, tanto per stare in tema: occhio per occhio…

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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