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Cartoline da Cristina

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Perdersi a New York

12 Luglio 2012 di Cristina 4 commenti

Ieri ho vissuto un’esperienza da “Mamma Ho Riperso l’Aereo, mi sono smarrito a New York“. Mentre ero impegnato in alcune commissioni, sono passato vicino a una fermata della metropolitana e ho notato un signore anziano, che tentava di  intendersi con un ragazzotto: “Per favore, parla piano, sono portoghese e ho studiato Italiano soltanto a scuola dai Salesiani.” Come se niente fosse, il giovine, visibilmente agitato, continuava a investire il nonnino con un fiume di parole senza senso, dal forte accento toscano.

La mia anima egoista mi diceva di tirare dritto, ma alla fine, ho deciso di fermarmi per cercare di capire se potessi aiutare … il signore. Mi rivolgo al ragazzo italiano chiendendogli se ci fosse qualche problema e lui a quel punto, comincia a rivolgere a me il monologo: “Meno male che sei italiano, non lo so, mi sono perso, mi sono addormentato in metropolitana, mi aspettavano al Museo di Storia Naturale, sono con un gruppo, ma loro sono scesi, non so, è già capitato ieri sera.”

Dopo essermi ripreso dal soliloquio non chiarissimo, ho intuito che il povero compatriota si era appisolato e non era sceso alla fermata di 81st street con il gruppo a cui apparteneva , ma aveva proseguito e si era risvegliato qualche fermata più avanti, senza trovare nessuno. Ma il vero problema è che non aveva soldi, né passaporto, né cellulare: soltanto una metrocard quasi vuota e una tessera del campus.

Una volta calmato il ramingo, ho cercato di farlo ragionare, dicendogli che era sufficiente tornare al Museo, dove probabilmente lo stavano aspettando. Per tutta risposta mi sento dire che non era sicuro: “E se non ci sono? E se faccio un altro errore? Mi sono già perso ieri sera. Forse è meglio tornare al campus a Brooklyn in taxi.”

A quel punto al buon samaritano che è in me si sono accorciate le braccia, perché, con tutta la buona volontà, non ti pago mezz’ora di corsa, nemmeno se sei un Italiano errante. Per tagliare la testa al toro, me lo sono caricato (metaforicamente) in spalla e l’ho portato al Museo, dove in effetti la sorella lo aspettava per investirlo di parolacce.

Morale: nemmeno un grazie, né dagli accompagnatori, né dalla sorella, per aver accompagnato il figliol prodigo. La prossima volta lo affiderò ai miei vicini di casa:

Scrivete a tommaso-at-ditourviaggi.com se volete contattare l’autore di questo articolo.

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Commenti

  1. Mene

    12 Luglio 2012 alle 16:22

    Dai questa a Kevin, dalla a Kevin, dai questa a Kevin. Tieni Kevin!… Kevin non c’è…Kevin non c’è…Kevin non c’è…cosa?!? KEVIN!!!!

  2. Marco

    12 Luglio 2012 alle 17:48

    – Cosa ha detto??

    – Chi? Cosa?

    – Lei ha detto GIOVINE?????

    ahahahahahah!!!

  3. claudio

    12 Luglio 2012 alle 20:17

    Sì, ho detto giovine, plurale di giovini. Ahaahah!!

  4. iki86

    13 Luglio 2012 alle 11:54

    se è già la seconda volta che ti capita in due giorni chiediti perchè i tuoi parenti non ti svegliano quando scendono dalla metro..
    e secondo… MA COME SI FA A PERDERSI A NEW YORK????
    io sarò talmente innamorato di questa città che la conoscevo bene anche prima di starci la prima volta, ma comunque non mi sembra per niente complicata! sono tutte strade parallele e perpendicolari, e per di più sono numerate!!!!!

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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