“You are a sick puppy!” ha esclamato una volta la mia capa dopo che le ho confessato che mi piace molto e mi fa sorridere il sarcastico oggetto da cucina chiamato “The Ex“, e che altro non e’ se non un porta coltelli.
In effetti, il sarcasmo fa parte della mia natura. Anzi, a ben vedere il sarcasmo e l’attrazione morbosa per la negativita’ fanno un po’ parte di noi italiani come popolo.
Ad esempio: stamattina mi sono svegliata e la prima cosa che mi e’ venuta in mente e’ che oggi e’ Columbus Day — ovvero si festeggia lo sbarco di Cristoforo Colombo nelle Americhe. Il pensiero successivo (che ho ponderato parecchio se esplicitare o meno in questo post) e’ stato: “Wow, anche nel 1400 gli italiani che avevano idee brillanti dovevano andare a cercare fondi e fortuna all’estero”.
Ok, questo pensiero e’ un po’ estremista. Ed e’ sicuramente dettato dal fatto che proprio settimana scorsa ho letto l’articolo uscito su Time Magazine, riguardante la situazione dei giovani talenti italiani, costretti a quanto pare a lasciare il BelPaese per trovare lavori piu’ adatti ai loro titoli di studio all’estero.
Ora, non sono bene sicura sulla mia posizione sull’argomento. Da italiana all’estero, mi viene da dire che quando ho lasciato la madrepatria tre anni fa la situazione non sembrava ancora cosi’ tragica. Sempre da espatriata mi viene anche da aggiungere che tutti i miei amici hanno un lavoro a casa, e nessuno di loro fa parte della schiera dei raccomandati. Certo, che poi siano contenti o meno del loro lavoro, questo e’ un altro discorso — ma in fondo, siamo un po’ un popolo di lamentoni. E inoltre, non e’ tutto oro quello che luccica: anche all’estero la situazione lavorativa non e’ cosi’ rosea come la si descrive.
Mi viene anche da aggiungere che nella mia esperienza personale ho si’ avuto due casi eclatanti in cui mi e’ stato esplicitamente detto “Sei troppo giovane”, ma altrettante situazioni in cui al contrario mi e’ stata data fiducia. Alcuni italiani hanno creduto in me, altri no — cosi’ come alcuni americani hanno creduto in me, ed altri no.
Sempre da italiana all’estero, mi viene da dire anche che questo “estero” e’ stato un po’ miticizzato. Per quanto sia vero che New York sia la terra delle opportunita’, non tutti ce la fanno. Non tutti trovano lavoro e non tutti sono soddisfatti di quello che fanno. Una parte di me e’ convinta, forse ingenuamente, forse erroneamente, non so, che una buona maggioranza di giovani italiani vuole andare all’estero, perche oggi come oggi e’ di moda. “Sei un figo solo se ce la fai fuori dall’Italia”. E nasce cosi’ una nuova, nuovissima generazione di emigranti che semplicemente “Vuole venire a vivere a New York”, che detto cosi’, senza motivazioni profonde o forti piani concreti per realizzare il sogno, e’ un po’ equivalente a quando da piccola dicevo: “Voglio essere Lady Lovely Locks e vivere in un castello”.
Nonostante tutta questa riflessione che altro non e’ se non un modo gentile di dire: “Smettiamola di lamentarci e iniziamo a pensare positivo e a cosa potremmo fare per migliorare le nostre sorti”, c’e’ una parte di me che e’ terrorizzata. Terrorizzata dai racconti di tutti gli italiani che ho visto e conosciuto in prima persona, grazie proprio a questo sito, e che mi hanno fatto vedere aspetti del mio Paese che non conoscevo. Imprenditori che lasciano il paese perche’ non ci vogliono far crescere i loro figli, quarantenni che ancora vivono con i genitori perche’ non si hanno abbastanza soldi per uscire di casa, precariati a non finire e situazioni che rasentano il limite dell’illegalita’.
Wow.
Mi viene da pensare: “Si fa bello a giustificare l’Italia dopo essersene andati”. Perche’ e’ cosi: a vederla da lontano si vuole ritornare. A vederla da lontano, manca da morire. E un po’ ci si da anche dei codardi perche’ noi espatriati abbiamo forse preso la strada piu’ facile: quella della porta.
Non lo so.
So solo che stasera l’Empire si accendera’ del tricolore. In onore di Cristoforo Colombo. Un viaggiatore italiano che, grazie a fondi non italiani, ha portato avanti la sua idea, ed e’ passato alla storia. I fondi non erano italiani. No. Ma lui si — lui era italiano. E ha portato un po’ di italianita’ nel mondo.
E un po’ mi viene da ridere perche’ — ora faccio la sbruffona — anche noi stiamo “italianizzando” un poco il mondo con iNewYork.it. Cosi’ come molti prima di me hanno detto: una volta all’estero ti accorgi di quanto tu sia italiano. Ti innamori della tua italianita’, della tua cultura. Perche’ si, mangio la pasta tutti i giorni, e me ne vanto. Perche’ si, gesticolo a non finire, e ne sono felice.
Come Cristoforo Colombo siamo testardi. Cocciuti. Non demordiamo. E magari al momento la nostra testardaggine ci ha portato all’estero — ma la nostra italianita’ e’ sempre li a urlarci “Don’t give up on me”. Perche’ si puo’ scappare da tutto, ma non da noi stessi. Si puo’ scappare dall’Italia, ma non dalla propria italianita’. Ci si puo’ vergognare dell’Italia, ma mai, mai dell’essere italiani.
Anche se questo significa essere tremendamente negativi e sarcastici, e focalizzarsi solo sulla parte vuota del bicchiere mezzo pieno.
Commovente e verissimo…
Bell’articolo… ma sai cos’è?, secondo me, l’Italia è e rimarrà uno dei paesi migliori del mondo, è bello viverci, e bello da visitare, quello che sta demoralizzando è la classe politica, che si dividono tanto per partiti, si attaccano tanto su errori e sabgli delle fazioni opposte, ma quando si tratta di pensare al bene del popolo non ci sono mai,proprio in questi giorni c’è stata una proposta di togliersi qualche euro di tasca per le pensioni esagerate che percepiscono dopo pochissimo tempo, c’era la proposta di un risparmio grazie a qualche “rinunicia” di 150 MILIONI di euro l’anno, e in questo caso sono stati tutti più uniti che mai, la votazione è stata tipo 430 NO CONTRO 22 SI.. o giù di li… questo fa scappare la gente all’estero.
E poi c’è la quasi totale mancanza di meritocrazia, ci sono dei concorsi, dei posti di lavoro, RISAPUTAMENTE (si dice?) IRRAGGIUNGIBILI perchè si sa che vengono presi o assunti solo i parenti, i fratelli, gli amici della persona con il potere di turno…
Tutto questo fa pensare all’estero come al futuro, perchè forse anche in altri posti la situazione è simile, ma almeno non è così sfacciata e dichiarata come in italia, e questo fa sperare in qualcosa di diverso fuori da questi confini…
E poi comunque si, c’è anche da dire che la maggior parte della gente non accetta di fare un pò di “gavetta”, conosco direttori del personale che mi dicono che molti ragazzi neo-laureati pretendono subito posizioni di potere, che se gli si porpone di partire dal basso, anche con una buona sicurezza di avanzamento, rifiutano il lavoro “xkè loro non hanno studiato per le briciole..” e questo è solo uno dei tanti lamenti dell’italiano medio di cui sono testimone, potrei andare avanti per ore…
però una certezza c’e l’ho, che se l’Italia è chiamata il bel paese un motivo c’è… ed è che comunque stiano le cose, saprà sempre di casa, per quanto uno la propria casa la possa odiare….
ps. scusate per la lunghezza del commento
ah… fateci una bella foto dell’empire sta sera… deve essere bellissimo vederlo con i nostri colori
Prima di tutto, grazie per i vostri racconti, siete la mia vetrina su NY, ogni mattina non appena arrivo in ufficio, mi prendo un caffè e mi leggo iNewYork, lo trovo un ottimo (sognante) modo di iniziare la giornata!
Come capita molti, in questi ultimi mesi, ho pensato più volte di venire via dall’Italia e scappare a New York!
Sposo in pieno la tua analisi, noi italiani abbiamo nel nostro DNA la voglia di lamentarci, riusciamo a trovare un pretesto anche quando tutto va bene. Non dico che adesso in Italia sia tutto rose e fiori, certo la condizione economica è difficile, ma ho notato come gli italiani all’estero siano più disposti a fare sacrifici, a rimboccarsi le maniche, a provare a farcela di quanto in realtà non siano disposti a fare nel nostro paese e questo è proprio strano!
Tuttavia, l’idea di fare un salto negli USA ed immergermi in una cultura lontana dalla nostra, mi attira molto, forse dopo un paio di anni non li sopporterei più ma nel mentre…
Italiani, americani o marocchini vogliamo sempre quello che abbiamo perso o non abbiamo mai avuto. Non sappiamo accontentarci ed utilizzare le nostre forze per cose o persone che fanno parte della nostra vita. Fino a quando le nostre scelte verranno fatte CONTRO qualcosa o qualcuno avremo sempre un senso di inquietudine e di incompiuto. Gli abbandoni fanno pensare a rinuncia, diserzione e non ad una altra opzione da vivere.
IKI 86 secondo me ha centrato la nota dolente,siamo in mano a politici che non sanno da che parte sono girati,o meglio,sono girati dalla loro parte e non verso i cittadini e il lavoro precario o meno è una delle tante logiche conseguenze.
Secondo me la gente che “scappa” cerca una qualità della vita migliore in senso generale,non solo dal lavoro!
Complimenti davvero per la piacevolezza dell’esposizione…veramente un bella riflessione.
Penso anche io che,gran parte delle persone che oggi cercano un opportunità all’estero, siano spinti piu’ dalla moda che da una effettiva convinzione.
Tuttavia è innegabile che la nostra amata nazione è governata da potentati politici ed economici che rendono impossibile ,o quantomeno difficile, far emergere il talento a scapito della raccomandazione,lottare per far si che questa situazione cambi è un dovere di tutti ma è difficile.
Altrove forse la situazione è migliore ma certamente non è tutto oro quello che luccica e,anche negli states, forse il talento non è sufficente.
Spero tanto che in futuro non si debba piu’espatriare per rincorrere le proprie aspettative solo perchè qui sono irreazzabili, ma si vada fuori per vivere un altra cultura e provare a crescere come cittadini del mondo.
Paola Antonelli (Senior Curator del dipartimento Design e Architettura del MoMa) intervistata su Sette di oggi dice a proposito di italiani all’estero che consiglierebbe l’espatrio, almeno temporaneo, ad un giovane italiano perche’ apre la testa, da’ prospettive e chiarisce le ragioni x cui l’Italia e’ un paese unico con molti lati sublimi. Certo “il cervello visionario” della Antonelli, come l’ha definita il settimanale Time, sta vivendo un espatrio felice e fortunato ma rischiare altre opportunita’ puo’ solo far del bene a noi stessi.
hai scritto un bel articolo… che ho letto volentierie che mi è sembrato uno sfogo a piene mani!!
sono federico, e sono un artigiano nel settore alimentare..
tu non sai quante volte mi sono trovato sul punto di mollare la mia attivita e di andare via… neanche avevo l’idea di dove andare… l’importante era andare via…
tuttavia essendo un italiano (cocciuto,testardo come il marmo) sono sempre qui…
il problema di questo paese come ho letto in molti che ti hanno risposto è in gran parte dovuto alla politica..
politica che sui giornali in televisione e radio grida alla legalita all’evasione alla corretteza… e poi…
leggi che le stese persone che gridano sono indagate per mazzette corruzzione ecc… questo vale sia per politici di fama nazionale che regionale, provinciale!
le piccole imprese come la mia soffrono, arrancano e devono (devo) lottare tutti i giorni con burocrazia e usurai autorizzati!!! lavoro tutti i giorni 15/16 ore al giorno ( mi alzo alle 24 per andare al lavoro) per cosa..
il pensiero di andarsene è forse la speranza che all’estero possano esistere realta migliori di quella che sta vivendo questo paese.. il mio paese che amo!!
poi per carita so benissimo che uscire dall’italia non significa trovare il paradiso… ma almeno una vita lavorativa/sociale un poco migliore…