Non è un segreto che l’Italia ha sempre avuto bisogno di salvatori, di figure mitiche che la risollevassero miracolosamente dai suoi problemi e dalle sue miserie. Sembra quasi che il nostro paese si ritenga incapace di superare le crisi più profonde con le proprie forze e il proprio impegno e senza l’aiuto di un fantomatico essere superiore.
Ogni città italiana è affezionata ai suoi miti ed eroi, ma forse Napoli le batte tutte: da San Gennaro a Masaniello, da Maradona a Cavani, la città partenopea è affascinata e ipnotizzata da queste divinità popolari, in grado di fare piazza pulita delle difficoltà.
Questo è il tema della commedia in musica di Claudio Angelini “Obama in Naples“. Paolo, un giornalista inviato nel 1980 sui luoghi del terremoto dell’Irpinia, torna a Napoli da New York dopo trent’anni, cercando di capire come la situazione sia cambiata. Le macerie (fisiche e morali) sono state rimosse per far posto a un’aria più fresca? Ma Paolo è stato corrispondente alla Casa Bianca ed è scambiato per un delegato di Obama. In breve si sparge la notizia che il presidente americano arriverà a Napoli, con il suo messaggio di pace e prosperità, come un nuovo San Gennaro: la città impazzisce e scalpita nell’attesa di Barack, il nuovo salvatore.
Un po’ commedia dell’arte, un po’ Beckett (il titolo sarebbe dovuto essere “Waiting for Obama”) la commedia non è soltanto un omaggio a Napoli e alla sua gente, ma anche una critica di un modo di fare che spesso ci contraddistingue, quello di attendere che qualcuno arrivi a toglierci le castagne dal fuoco.
La piece sarà in scena dal 25 aprile al 6 maggio al June Havoc Theatre, nell’Abingdon Theatre Complex (312 W 36th street), dal martedì al sabato alle 20 e la domenica alle 15. Io ci andrò uno dei primi giorni di maggio; ci sentiamo di nuovo per la recensione.
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