Il mio cartone animato preferito di tutti i tempi e’ Ratatouille – quello con il topino Remy che vuole diventare un cuoco, ma che, per ovvi motivi, non e’ proprio ben accetto nella societa’ culinaria parigina. Che sia che empatizzo con il topino per la tenacia e la voglia di fare, che sia che non ho mai perso il contatto con la bambina che c’e’ in me, quando alla fine il grandissimo e temutissimo critico di ristoranti, Anton Ego, alla domanda “Cosa vuole per dessert” alza gli occhi trasognanti e lucidi, incrocia lo sguardo di Remy e risponde: “Surprise Me!”, un paio di lacrime mi scendono sempre. Quelle due semplici parole, “Surprise Me”, sono un po’ l’essenza della vita – fidarsi completamente del mondo, e lasciarsi semplicemente “sorprendere”.
E proprio ieri, ho avuto uno di questi momenti “a sorpresa”, in cui mi sono sorpresa, e poi mi sono sorpresa di essermi sorpresa – insomma, una doppia sorpresa.
L’oggetto della mia meraviglia e’ stato un articolo su Metro, in cui appariva proprio un topino con un cappello da chef. L’articolo parla di come, tristemente, New York sia infestata dai topi, e di come nemmeno i migliori ristoranti di New York scampino all’infestazione. Specialmente in queste ultime settimane, in cui Restaurant Week imperversa (ovvero, molti ristoranti ultraprezzati della citta’ aprono le porte a noi comuni mortali per una cena a prezzo fisso ($35) dove stranamente non e’ necessario vendere un rene per permettersela), si e’ scoperto che un ristorante su cinque ha i topi. “Il cibo a New York e’ ovunque”, continua l’articolo, “E anche ristoranti come Alto – due stelle Michelin e tre stelle dal New York Times – hanno un problema di ospiti non molto ben voluti”.
Ora: “Che schifo!!!”, penserete voi. Io invece mi sono sorpresa, e la mia prima reazione e’ stata: “Uh, che carino!” guardando il topino che mi ricordava Remy. Subito dopo mi sono sorpresa della mia sorpresa, e la mia anima italiana e’ riemersa facendomi pensare: “Che schifo!!!”
Ebbene, a questa doppia sorpresa c’e’ solo una spiegazione: sto diventando ufficialmente una newyorkese. E in questa mia trasformazione culturale e cambio di pelle, i topini di New York iniziano a starmi anche un po’ simpatici. Complice il mio amico Remy, riconosco che grazie a loro alcuni ristoranti non sarebbero come attualmente sono – come Metro scrive: “i ristoranti piu’ piccoli e negli edifici piu’ vecchi sono quelli piu’ colpiti. E quindi sono romantici e con poca luce per una ragione”. Dunque per proprieta’ transitiva inversa, se non ci fossero I topini, tutti I ristoranti di New York sarebbero anonimi e con un sacco di luce.
Dobbiamo allora essere riconoscenti ai topini? No, forse no. Ma cosi come all’amore della propria vita si perdona quel piccolo difettuccio che lo rende ancora piu’ perfetto, a New York ci si affeziona ai topini perche’ e’ anche grazie a loro che la Grande Mela e’…beh…sorprendente.
anche il corsera di oggi scrive dello stesso problema ma sembra che con esche di girasole, vaniglia e panettone si riesca a tenere a bada i 15 milioni di topini di Milano. Create anche voi esche a base di cheesburger, patatine fritte e burro di arachide cosi’ la moltitudine di topolini in men di 4 giorni si dimezzeranno.