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Cartoline da Cristina

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Noi, Gente di Murray Hill

20 Gennaio 2011 di Cristina 7 commenti

Quando me ne sono andata da Milano per trasferirmi a New York ero cosi’ contenta di finalmente ripartire da zero. Niente piu’ stereotipi incollati al doppio colletto della giacca che precedevano qualunque cosa dicessi, e definivano ogni singola parola in un contesto di grigiore snobbistico. Niente piu’ “Ah, sei di Milano”, con gli angoli della bocca che un po’ pendono verso il basso a mo’ di smorfia delusa. Basta con i “Ma non riesci proprio a non dire “Ne’?” alla fine di ogni frase?” Finita l’era dei “We, cumenda” e “Voi di Milano pensate solo ai soldi”.

Basta. Stop. Citta’ nuova, vita nuova!

E cosi e’ stato fino a quando ci siamo dovuti trasferire — per motivi che liquideremo brevemente con la parola: “scimmia-urlatrice-al-posto-di-vicina-di-casa-che-da-feste-ad-ogni-ora-del-giorno-e-della-notte-e-quando-non-festeggia-si-fa-frustare-dal-fidanzato.Peccato-che-i-muri-a-New-York-siano-di-cartapesta-e-noi-sentiamo-tutto-come-ad-averti-di-fianco-a-noi-sul-letto” — dall’adorato East Village a quello che al tempo ci sembrava il piu’ tranquillo e quasi altolocato quartiere di Murray Hill (e che si e’ invece rivelato essere uno dei luoghi piu’ stereotipati di Manhattan.)

Dopo il trasferimento, infatti, appena pronunciavamo le parole “Murray Hill” alla domanda ” Dove vivi”, e’ ricominciata la tiritera della smorfia delusa, e degli “Ahhh, bello”, con l’espressione vacua di un pesce in una boccia di vetro, accompagnata dal finto sorriso stile: “Fa veramente schifo, ma la mia cultura anglosassone mi impedisce di esprimere liberamente i miei pensieri, e dunque mi limito a sorridere e annuire, cosi’ pensi che sia gentile e cambiamo argomento velocemente”.

Ora: cosa c’e’ di strano con Murray Hill (che per la cronaca e’ il quartiere di New York che va piu’ o meno dalla 30th alla 42nd Street, da Madison Avenue all’East River)? Be, non ci voleva molto a capirlo, ma nel caso in cui avessi avuto ancora dubbi, il New York Times ha pensato bene di scriverci un articolo per dissipare ogni incertezza: Murray Hill e’ il quartiere dei post-grads, ovvero di tutti i neolaureati che, appena trovato lavoro, si trasferiscono nella City, prediligendo il luogo in cui gia’ esistono gruppi di altri neolaureati che fanno comunella tra di loro, e ignorano l’esistenza di un’intera fantastica citta’ al di fuori del quadratino sull’East River.

Secondo lo stimato giornale, le caratteristiche principali del quartiere si traducono nell’essere pieno di bar frequentati dalle stesse persone, che si conoscono tutte tra di loro, si trovano nei loro appartamenti a festeggiare compleanni ancora prima di uscire e andare a sfondarsi di alcool nel bar (che e’ piu’ economico!), si innamorano nel locale lavanderia, si ritrovano il sabato mattina per un brunch al solito posto, per raccontarsi chi e’ andato a letto con chi la sera prima, si nutrono solo di sushi e yogurt gelato, vanno in palestra 24 ore su 24 e sono per la maggior parte single.



Come dare torto al New York Times? Murray Hill e’ in effetti la zona in cui abitano i neolaureati d’America. E Murray Hill e’ anche la zona in cui risiedono gli ospedali con universita’ di medicina annessi. Ed e’ proprio in uno di questi edifici che ospitano futuri medici e ricercatori che noi viviamo.

E, a essere completamente sinceri, a noi piace cosi.

Vivere in una sorta di dormitorio studentesco infatti permette di avere una di quelle esperienze borderline tra i telefilm Grey’s Anatomy e Friends. Ad esempio: in ascensore c’e’ sempre qualcuno che parla di operazioni impossibili che sono riusciti a portare a termine con successo. In lavanderia, oltre a nascere i primi amori, sbocciano anche idee fenomenali che magari salveranno la vita di milioni di persone in futuro. A volte, quando si deve lavorare fino a tardi, si mangia tutti insieme nel cortile, o nella cucina comune, dove nel frigo, di fianco alla pasta avanzata dal giorno prima ci sono le cellule tumorali di qualche mammifero a caso. Altrettante volte, si occupa in sordina un’aula conferenze per proiettarsi un film privato con tanto di popcorn. Se si volessero fare due chiacchiere con i propri migliori amici si attraversebbe il corridoio o la strada, in ciabatte o in pigiama, portandosi una bottiglia di vino e una sedia ciascuno (che gli appartamenti sono molto minimalist nell’arredamento). Si comunica con bigliettini attaccati alle porte. Si saluta la guardia armata all’ingresso. Si fanno barbeque party d’estate. Si ha un bar “sottocasa”, quello dove si finiscono tutte le serate giocando a biliardo e pagando un drink si e quattro no “perche’ conosco il barman”. Si va a correre sul fiume d’estate e ci si rifugia nel bar col caminetto d’inverno. Ci si sente un po’ come una grande famiglia, dove ci si saluta tutti, ci si conosce tutti, ci si accetta vicendevolmente.

Ok, ok: con quest’ultima frase ci siamo accorti di quale sia il problema di fondo con Murray Hill. C’e’ il rischio di vivere la propria vita in una sorta di bolla, lontana dal mondo reale. Si e’ a New York, citta’ piu’ cosmopolita e aperta del mondo, e ci si comporta come una comunita’ ultra-chiusa agli estranei. E quindi ovviamente si e’ soggetti agli stereotipi di cui parlavamo prima.

Come rinnegarlo. A volte si ha la sensazione di non aver mai lasciato quel piccolo paesino della Brianza.

Pero’, c’e’ da dire che a noi di Murray Hill, quando il pensiero “questo posto mi va stretto” inizia a fare capolino, basta guardare fuori dalla finestra, vedere l’Empire, ricordarsi di essere a New York, e camminare due strade piu’ in giu’ per ritrovarsi al centro del mondo, dove non esistono volti amici ed e’ tutto nuovo.

E poi ritornare in terreno conosciuto, e sentirsi nuovamente a casa, dimenticandosi degli stereotipi che ci portiamo appresso, ridendo di tutti quelli che ci guardano come fossimo alieni — o di quelli che addirittura ci prendono in giro con canzoni che, sotto sotto, adoriamo e cantiamo anche noi a bassa voce.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Iki86

    20 Gennaio 2011 alle 15:50

    ALLORA!!!!! io già sarò in crisi all’idea di venire a NY, se non altro perchè so già che la dovrò abbandonare dopo 11 giorni, se poi mi descrivi anche questa figata di vita, io qui seduto al pc di un paesino della provincia di torino, mi taglio le vene, o quantomeno brucio il biglietto di ritorno!!!!
    comunque bel racconto, ha descritto ciò che per molti è un sogno….

  2. rododendro

    20 Gennaio 2011 alle 16:32

    la sensazione che si ha a Murray Hill dopo esserci stato piu’ volte negli ultimi anni e’ quella di un quartiere che cerca di essere americano con persone non americane. Come quando ti intrufoli in una festa ma non sei stato invitato. Sei un po’ estraneo al contesto ma nello stesso tempo vuoi farne parte. Imiti gli atteggiamenti per non farti scoprire ma la tua goffaggine ti tradisce. L’architettura irrilevante, molto sovietica, non distrae ma concentra l’ attenzione su persone occupate a pensare e vivere la sostanza, non l’apparenza.
    Consapevole che il paese dei balocchi e’ comunque a due passi e poterci andare in ogni momento da’ sollievo a un po’ di pesantezza.

  3. Fusion

    20 Gennaio 2011 alle 18:22

    Eh ma voi di Milano pensate solo ai soldi 🙁

  4. Serafino

    27 Gennaio 2011 alle 09:10

    A murray hill ho vissuto per un anno, la maggior parte dei 14 anni ho vissuto a Hell’s Kitchen. Questo articolo e` bellissimo, e anche preciso. Infatti i quartieri di Manhattan sono molto rinchiusi dentro se stessi. Si, vivi esperienze da film, cose che non succederebbero mai in una cittadina Italiana. Pero` quando si comincia a parlare di stereotipi e soldi…. questa citta` e` la numero uno in assoluto. La gente non vuole neanche sapere il tuo nome se non sa che tipo di lavoro fai e quanto potrebbe esere il tuo stipendio annuo, il che , quello medio, si aggira sui 150.000. se non guadagni piu di 150mila, probabilmente, a manhattan, sei solo di passaggio. La vita costa cara, un appartamento medio, pulito, di 60 mq costa sui 2500 al mese. le ore di lavoro settimanali sono all’incirca 70, se poi sei medico vai anche sulle 90. potrei scrivere per ore parlando della superficialita` degli americani e perche` a manhattan sono per la maggior parte SINGLE. un articolo sul NYT ha descritto un fattore psicologico dei soldati che tornano dall Iraq e vanno a fare la spesa in questi colossali supermercati con milioni di prodotti, perpoi uscendone a manui vuote. La stessa cosa succede a NYC, troppe persone diverse che incontri giornalmente, una piu interessante dell’altra, piu bella, piu sexi, che guadagna di piu, che vive in una zona piu bella, che parla piu lingue, che ha piu titoli di studio. etc… E che alla fine ti costringe a mettere tutto “on hold” per riuscire a vagliare tutte queste persone per trovarne la migliore. Un processo che puo durare tutta la tua vita, perche’ alla fine dei conti e un processo che fanno tutti, e percio` anche tu vieni vagliato forse per qualcuno che guadagna o ha studiato piu di te.

  5. L

    3 Febbraio 2011 alle 07:48

    Uno stipendio annuo di 150000??? Ma sono davvero così alti gli stipendi a New York?

  6. stefania

    7 Febbraio 2011 alle 11:10

    Detta così Serafino, NY fa davvero paura. Io parlo 4 lingue, ho una laurea di quelle che non considera nessuno e posseggo 2 case che mi sto pagando con un lavoro che non ha nulla a che vedere con la mia formazione professionale e di sicuro non guadagno 150.000 dollari all’anno. Sono però sicura che se mi trasferissi a NY, non mi farei troppi problemi di sorta, non tanto perchè mi interessa davvero poco cosa dice la gente, ma semplicemente perchè posseggo più di quanto la metà delle persone che tu descrivi non potrà mai avere: sono italiana, con tutti i prò e i contro che questo può voler dire.

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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