Si sa, fine anno e’ momento di tirasomme e di bilanci. Dove ho fatto bene, dove ho fatto male, cosa devo evitare, cosa devo migliorare. Un sacco di dubbi e domande che finiscono immancabilmente con una lista di buoni propositi lunga quanto il ponte di Brooklyn, che va poi a finire in fondo al cassetto dei desideri a partire dal primo febbraio.
Ebbene, questa fine 2013 (o duemilacredici cosi come continuavamo a ripeterci in quella ormai lontana notte spagnola del 31 dicembre 2012) rappresenta per me una grande opportunita’. Principalmente per il fatto che, sebbene stia solo ora entrando nel mio settimo anno di relazione turbinosa e turbolenta con la citta’ di New York, la vera e propria crisi con la citta’ – e tutte le restanti parti della mia vita – e’ iniziata ben due anni fa.
E in questi ultimi giorni dell’anno, nel mio bilancio devo finalmente e felicemente mettere in conto anche il fatto di essere riuscita a venire a capo di questa grossa matassa. E, ovviamente, il tutto parte, e finisce, da e con New York.
Vedete, quando la gente mi chiede con lo sguardo a meta’ tra il bramoso e il geloso “Com e’ New York” la prima risposta Che mi viene in mente e’ “ci sono I topi nella metropolitana.” Non fraintendetemi, New York e ‘ bellissima, viverci e’ da sogno. Ma New York e ‘ anche cio’ che mi ha dato tutto, e che mi ha tolto tutto.
New York e’ una citta’ piena di persone. Si dice che essere single a New York e’ orribile perche ci sono talmente tante persone che e’ impossibile fermarsi a una: se ne incontra un’altra migliore in poche ore. Stessa cosa vale per gli amici. Stessa cosa vale per il lavoro. Vivere a New York ti regala il dono di una grande verita: la consapevolezza che tutti sono irrevocabilmente, tristemente e amaramente sostituibili. Regola numero uno che ti viene insegnata a New York, nel lavoro come nella vita privata: tu non sei insostituibile. Morto un Papa se ne fa un altro, direbbe mia nonna.
Be, dopo due anni di vita vissuta con questo amaro segreto che New York mi ha sussurrato improvvisamente un giorno in un orecchio tra uno stridere di treni metropolitani e una lieve musica jazz suonata in lontananza da un musicista improvvisato, ora ho capito.
Ho capito cosa New York voleva dirmi. Voleva dirmi che non importa quanto tu ti senta sostituibile. Che quello che importa e ‘ che quando senti che per qualcuno o qualcosa, professionalmente o personalmente, tu sei insostituibile, be, quello e’ il momento di fermarsi. O di lottare per tenerselo stretto, a seconda dei casi.
E non sto parlando di un’insostituibilita fittizia come quando dovevamo buttare le nostre scarpe preferite perche rotte e ci disperavamo e pensavamo che il mondo finisse li, ma poi ci affezionavamo alle nuove scarpe come se niente fosse.
Sto parlando dell’insostituibilita’ essenziale, quella che ci definisce.
Dunque, nella mia lista per il 2014 ho iniziato a mettere tutto cio che e’ insostituibile per me e che a sua volta mi fanno sentire insostituibile:
– New York, sono una di milioni. Ma non per tutti.
– scrivere, su iNewYork, o qualsiasi altro Spazio, nonostante tutto, in pubblico o in privato, online o su carta. Io devo scrivere.
– accompagnare e passeggiare con italiani in giro per la citta durante, ma non solo, i nostri tour. Personali e personalizzati. Mi mettono in contatto con la parte piu insostituibile di me stessa: quella Italiana.
Forse a voi questa lista non vuol dire nulla. Per me vuol dire tutto. Vuol dire che, e se ci avete seguito fin dagli esordi sapete di cosa parlo, forse non vi sono mancati i miei post fiume. Ma a me piace pensare che invece si. Magari non vi sono mancata sul sito. Ma a me piace pensare che invece sono una voce insostituibile.
Morale Della favola: “Com’e’ New York?”
New York da. E New York toglie.
Ma soprattutto da.
Un augurio di cuore a tutti per trovare nel 2014 quel nonsoche’ o nonsocosa che vi fa sentire insostituibili.
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