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Cartoline da Cristina

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Molliamo Tutto e Apriamo un Ristorante a New York — MA ANCHE NO!

11 Aprile 2011 di Cristina 14 commenti

Quante volte dopo una giornata stressante al lavoro, o dopo l’ennesima consecutiva delusione o frustrazione professionale ci siamo detti: “Io mollo tutto e apro un bar ai Caraibi”, o ancora “Io me ne vado e apro un ristorante a New York!”

Non so voi, ma io me lo ripeto continuamente. E a New York ci sono gia’, quindi mi basterebbe avere qualche soldino da parte per partire con l’affitto, pensare ad un’idea originale che potrebbe funzionare a New York — che ne so…un bel ristorantino di polenta taragna e gorgonzola ad esempio, o polenta e casseula (come dire, non si riuscirebbe mai a indovinare da quale parte dell’Italia venga!), il tutto condito da un’atmosfera calda e rilassata, magari col caminetto acceso d’inverno — e lanciarmi nella mia nuova avventura!

Peccato che, secondo un recentissimo articolo-intervista ai famosi signori Zagat — si, quelli della guida omonima — aprire un ristorante non e’ una brutta idea: e’ una PESSIMA idea.

Tra le ragioni principali, i coniugi buongustai snocciolano:

– Non basta essere un buon cuoco: bisogna anche essere un ottimo “trovatore” d’affari immobiliari per scovare la giusta location senza vendere un rene, e pure un ottimo interior designer, per fare in modo che i vostri clienti abbiano piacere a venire a trovarvi, restarci, e, soprattutto, ritornarci!!!

– Inoltre, bisogna anche essere dei fantastici shopper, dato che andare a fare la spesa per un gruppo di persone che potrebbe variare da uno, nessuno, centomila ha una certa impressione su quello che si compra. Comprate frutta e verdura in piu’ e butterete letteralmente i soldi in spazzatura, compratene meno del necessario e vi ritroverete con un gran numero di avventori insoddisfatti (Ha! Ora ho avuto l’epifania suprema! Ecco come fa Eataly ad avere successo: i ristoranti si approvvigionano dal supermercato posseduto dallo stesso ristoratore, evitando cosi’ il problema appena descritto!)

– Oltre a queste qualita’, vi viene anche richiesto di essere un fantastico leader (perche’ dovrete assumere personale e, la parte piu’ difficile, fare in modo che sia ben preparato a “vendere il vostro brand”), ma anche un buon padrone di casa, ricordandovi i nomi dei vostri avventori, sorridendo e facendo sempre bella cera — senza pero’ essere troppo arrogante, presuntuoso, o, ancora peggio, viscido e troppo leccapiedi.

– Al giorno d’oggi poi aspettatevi di dover mettervi a imparare il linguaggio dei social media perche’ tra Facebook, Twitter, Yelp, MenuPages e le altre infinite possibilita’ che i vostri clienti hanno di comunicare tra di loro vi sentirete come lo schiavo sfigato che veniva ucciso al Colosseo sulla base del polliciometro.

– Ah, e oltre a tutto cio’, preparatevi a giornate infinite in piedi e piatti che “caspita ma a casa mi venivano meglio” — gia’, perche’ cucinare per i vostri quattro amici per cinque o sei ore puo’ darvi un’estrema soddisfazione, ma cucinare per duecento persone al giorno tutti i giorni, magari non era esattamente come ve l’avevate immaginato.

– Come postilla del punto precedente notiamo anche che non avrete piu’ una vita: l’unico giorno libero della settimana sara’ probabilmente dedicato alla spesa o alle faccende relative al ristorante, mentre le maggiori feste religiose e commerciali saranno per voi il contrario di quello che rappresentano per tutti gli altri esseri umani: grandi giorni di sfaticate lavorative.

A tutto cio’ aggiungiamo un buon 60% comprovato di possibilita’ di fallimento (85% se a New York, dove i ristoranti vengono cambiati alla stessa velocita’ con cui mi cambio i calzini — e me li cambio molto spesso, credetemi!!), e una competizione spietatissima.

Ancora convinti di diventare ristoratori? Di lasciarvi tutto alle spalle e aprire il locale dei vostri sogni nel Lower East Side? Be, un grande in bocca al lupo a chi ci vuole tentare (e tanti complimenti a chi ce l’ha fatta) — io personalmente, la prossima volta che soffriro’ da crisi del “Mollo tutto e apro un bar ai Caraibi”, mollero’ tutto, andro’ ai Caraibi, ma mi limitero’ a contemplare il successo di chi ce l’ha fatta dall’altra parte del bancone, con un bicchiere di rum in mano.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Iki86

    12 Aprile 2011 alle 17:00

    ……… come smontare un sogno in meno di 2 minuti….
    però è vero, sono quelle cose che quando uno parte con i sogni e le speranze non ci fa mai i conti, ma che si presentano poi alla porta più violente che mai…
    quindi che dire…. un mojito grazie!!!!!

  2. cristina

    12 Aprile 2011 alle 17:45

    I am going to do it anyway 🙂

  3. mipiazz

    24 Maggio 2011 alle 06:43

    Sono le stesse considerazioni che dovrebbero supportare la scelta di aprire un ristorante in qualsiasi luogo al mondo (Italia compresa). …..Sembra facile fare il caffè!..

  4. elena

    17 Agosto 2011 alle 07:26

    …beh, due minuti di verità ASSOLUTA, come avvenuto esattamente anche per noi in questi 8 anni che però, davanti a questa realtà inevitabile, non abbiamo ceduto (a Bologna in Italia) e abbiamo continuato ad essere innamorate del nostro sogno realizzatosi, per questo abbiamo necessariamente tarato i ritmi lavoro-tempolibero minando i principi tradizionali del commercio a favore di un genuino buonumore (non simulato) chiudendo il sabato e la domenica e riducendo leggermente l’orario nei giorni lavorativi. Meno gonfie le tasche ma più gonfio il cuore!

  5. Gino

    17 Agosto 2011 alle 16:08

    Ho appena letto quest’articolo e in parte sono d’accordo, certo ristoratori non ci si nasce ci si diventa….io vivo ai caraibi e sono ristoratore da piu di 20 anni
    vorrei andare a farne uno a new york e sinceramente non ho paura, il lavoro non mi spaventa sono vaccinato le lunghe giornate sono il quotidiano per i ristoratori
    Ma in compenso ho molte soddisfazioni ……
    Quando si ha voglia,coraggio e capacità e un po di senso negli affari con un po di soldi…….ma perche avere paura?

  6. Tonez

    19 Settembre 2011 alle 07:41

    @cristina where Are u gonna to open?

    Condivido l’articolo ma e’ anche vero che hai passione puoi aprire dove vuoi…e ricordiamoci che gran parte di quelli che chiudono sono improvvisati.
    E’ come voler aprire un azienda senza nessuna esperienz:le probabilità di fallimento sono evidenti.

    E per tutti good luci e se avete un sogno …Lets do it…YES U CAN

  7. Eva

    21 Settembre 2011 alle 06:22

    Salve, io invece sono interessata all’esperienza di GINO, vorrei sapere come ha fatto e come ci si deve muovere perchè son sinceramente più interessata a un posto come i Caraibi che non a una grande città. Solo che non riesco neanche a contattare gli italiani (e son tanti) che questo passo l’hanno fatto davvero. Gino puoi dirmi qualcosa di più?

  8. diego

    10 Dicembre 2011 alle 02:47

    Aggiungo : non aspettatevi aiuti dagli “AMICI” !!! Se ne avete dovrete trattarli meglio dei clienti normali e pagheranno sempre meno,se le cose non andranno subito al meglio o fate qualche cavolata , e può succedere,non vi porteranno mai nessuno;se le cose andranno bene allora scatterà una “sana” invidia e li vedrete molto ma molto meno.La cosa positiva è che ,se sarete bravi ne troverete dei nuovi con cui percorrere un pezzo di vita insieme.
    Come avrete ben capito io a 40 anni ho mollato tutto e mi sono comprato il ristorante in riva al mare ,lo rifarei ? giorni si e giorni no ma comunque è veramente dura.

  9. leo

    18 Marzo 2012 alle 23:40

    Comunque tutti questi “problemi” descritti in questo articolo sono i medesimi che si riscontrano nell’aprire un ristorante italiano……..vorrei sapere piu i dettagli burocratici,situazione degli affitti,del mercato del lavoro che si riscontrano. Di come fare una volta partito dall’italia e arrivato a new york ad aprire un ristorante. A chi mi devo rivolgere?? per permessi etc……

  10. Marcello

    16 Maggio 2012 alle 20:21

    L’articolo smonta e vale per tutto il mondo e per tutti quelli che non fanno Berlusconi o Gates di cognome!!!Mi associo alla domanda di Leo. E’ possibile avere informazioni sulla burocrazia.

  11. Gio

    22 Agosto 2012 alle 15:32

    Tutto vero, ma è vero in ogni angolo del mondo.
    Punto primo, ristoratori non ci si improvvisa e anche un ragazzino sa che fare da cena per 4 amici non c’entra nulla col gestire una cucina e una sala con clienti che non sai se arriveranno, in quanti, a che ora e cosa vorranno mangiare!
    Sull’America, bè, logico che più l’investimento è alto, più il punto di pareggio (oltre il quale si guadagna) è alto. A NY si parta già da un affitto importante, se poi c’è da trasferisrsi e cercare casa, aiuto! Quindi, inevitabilmente, più rischio, non solo economico, ma sicuramente potenzialità enormi se il business funziona..
    Comunque anch’io cercavo qualcosa di più tecnico e non il vedemecum del buon senso..

  12. PAOLO RINALDI

    4 Aprile 2013 alle 16:00

    DIMMI DOVE VOLETE APRIRE E VI AIUTEREMO , “NON IN ITALIA”SPERO LO SAPRESTE FARE DA SOLI. DAL SINGOLO BAR AL PICCOLO RISTORANTE AD UNA CATENA DI RISTORANTI . PER INFORMAZIONI SIAMO A VOSTRA DISPOZIZIONE.

    CONTATTARE. DIRETTORE LOCATION’S Paolo Rinaldi

  13. Daniele Salvatore Valente

    28 Gennaio 2014 alle 10:27

    Amici io mi sto avventurando….se qualcuno volesse aggregarsi
    questa è la mia mail
    danielevalent@gmail.com

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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