Terza puntata di Romanzo Tricolore, dopo Fiorello La Guardia e Joe Petrosino, il giornalista Paolo Massa ci porta a Staten Island nella casa di Antonio Meucci.
C’è un traghetto da non perdere a New York City. È gratis, e i residenti della Grande Mela lo utilizzano per spostarsi in soli 15 minuti dal borough di Manhattan a quello di Staten Island. Io lo preferisco al solito giro – sempre molto affollato – per andare a visitare la Statua della Libertà. Lo Staten Island Ferry, infatti, partendo dall’estremità meridionale di Manhattan, permette di ammirare (giorno e notte) il meraviglioso skyline che si allontana a mano a mano che ci si avvicina a Staten Island. Spesso i turisti preferiscono fare avanti e indietro nell’arco di mezz’ora, giusto per levarsi lo sfizio di salutare da vicino la statua di Miss Liberty e dare un’altra occhiata ai grattacieli che spiccano maestosi e sempre più vicini. Pochi sanno, però, che a Staten Island si apre un piccolo mondo capace di raccontarci uno spicchio di Italia. Al numero 420 di Tompkins Avenue, nel quartiere di Rosebank, c’è una casa museo – dichiarata nel 1980 monumento dello Stato di New York e degli Stati Uniti – nella quale per un certo periodo visse il grande e sfortunato inventore Antonio Meucci insieme all’amico Giuseppe Garibaldi. Il nostro connazionale aveva un sogno nel cassetto, e per realizzarlo ci lavorò giorno e notte: teletrasmettere il suono a distanza, o meglio la voce umana. Il 1° maggio 1850 i coniugi Meucci sbarcarono a New York City, dopo aver vissuto per un po’ a Cuba, e scelsero proprio il neighborhood di Staten Island (più economico per le loro tasche). Tempi duri per Meucci, il quale per arrotondare i magri guadagni decise di mettere su una piccola fabbrica di candele.
Nel 1855 in una lettera al fratello Giuseppe scrisse: «Ho finito tutto quello che tenevo e non mi resta altro che la casa, il terreno e la fabbrica di candele». In quegli anni Meucci lavorava al telettrofono, una specie di telegrafo parlante che gli serviva per comunicare con la moglie Ester: sofferente di artrosi, era costretta a restare sempre a casa, e per questo il marito costruì un collegamento tra la sua stanza e la capanna dove fabbricava le candele. Nel 1871 Meucci ottenne un caveat a difesa della sua creazione, ovvero un avviso con il quale l’ufficio brevetti non avrebbe potuto rilasciare permessi per invenzioni simili a quella. L’anno dopo Meucci riuscì ad avere un colloquio con Mr Grant, vicepresidente del New York District Telegraph, molto interessato al progetto dell’inventore italiano e ai suoi preziosi appunti. Nel 1876, un certo Alexander Bell depositò all’ufficio brevetti la domanda di registrazione di un apparecchio volto a trasmettere la voce a distanza. Fu una lotta impari tra il David italiano e il Golia americano, ma questa volta a prevalere sarà il gigante a stelle e strisce. Basti solo pensare che mentre Meucci riuscì a raccogliere appena 250 dollari per registrare il brevetto, Bell in pochi anni investì ben 100 milioni di dollari per il suo progetto. Qualche anno dopo una storica sentenza della Corte Suprema degli Usa dichiarò che «il telefono Bell dovesse chiamarsi Meucci, avendo la Bell Company acquisito fraudolentemente il brevetto», ma ormai era troppo tardi visto che nessuno aveva pensato a rinnovare il caveat dell’inventore italiano (antecedente al brevetto di Bell). Resta soltanto il riconoscimento morale per un uomo che trascorse la vita a realizzare un sogno che tutto il mondo, Stati Uniti in primis, avrebbe ampiamente sfruttato in futuro. In un’altra lettera al fratello, il povero Meucci scrisse: «Spero che nell’altro mondo sarò più felice di quello che sono stato di qua. Forse colà non avremo tanti nemici».
Paolo Massa, praticante giornalista nato a Salerno 25 anni fa, studente fuori sede prima a Roma e poi a Milano, di passaggio a New York per uno stage di tre mesi, alla ricerca della sua Land of Hope and Dreams non solo virtuale (www.paolomassa.blogspot.com), con una piccola grande speranza nel cassetto:Don’t stop believing! Mandate una email all’autore del post all’indirizzo pmassa85@yahoo.it
Grazie Paolo.
apprezzo molto i tuoi racconti…
bel racconto come sempre, e sempre più tappe per il prossimo viaggio… grazie mille, non finirò mai di dirvelo
Grazie mille, ragazzi. Alla prossima puntata di “Romanzo Tricolore”.
bellissimo articolo di questo giovane giornalista che mi ha fatto venir voglia di visitare la casa di questo grande italiano