Maurizio Cattelan: All – Guggenheim Museum a New York – mostra retrospettiva. Chiude il 22 gennaio, 2012
Confesso che non ci volevo andare. Cattelan (n. Padova, 1960) non e’ tra i miei artisti preferiti. Anzi, ho sempre provato un che di oltraggioso nelle sue macabre carcasse di animali appese al soffitto, senza parlare delle sue cere ‘umane’…ma come resistere a una mostra al Guggenheim?
Lo show di Cattelan – perche’ questo e’ secondo me – chiude tra pochissimi giorni e credo che chi avra’ la pazienza di leggere queste mie righe non avra’ forse piu’ l’occasione di andarci. Qualcosa pero’, la possiamo dire comunque. Soprattutto, attendo il vostro parere.
Il primo impatto e’ forte, direi fortissimo. Il Guggenheim come non lo avete mai visto: la summa della sua opera artistica e’ appesa al cupolone in vetro di Frank L. Wright – uno shock. Lungo l’agevole rampa non c’e’ nulla. Per me una goduria, poiché finalmente posso godermi questa parte di architettura sempre nascosta, direi mascherata dagli allestimenti che, poverini, sono sempre cosi’ sacrificati in questo museo. Panel 1 (quelli che in gergo, in italiano, chiamiamo “gli spiegoni”): il solito bla bla bla biografico?? Ma no: una dichiarazione che toglie il respiro e che per me e’ stata la chiave di lettura dell’intero ‘cammino’: Cattelan si ritira dalla scena, se ne va, chiude, non fara’ altro, mette fine volontariamente alla sua carriera. Sara’ vero?? Com’e’ che un artista che vende ancora parecchio si ritira? (Tanto per fornire due dati: lo scorso 7 novembre i due policemen “Frank and Jamie”, appesi al contrario in mostra, hanno realizzato piu’ di due milioni di dollari in un’asta newyorkese…) Non e’ che fa come i miei amati Cure che dicono sempre: “questo e’ il nostro ultimo album”, e poi dopo un paio d’anni Robert Smith, piu’ impiastricciato che mai, torna sul palco? Non so, vedremo assieme. Tuttavia e’ un annuncio che non mi ha lasciato indifferente.
Anticipo pure che non ho scaricato l’application sulla mostra, quindi forse qualcuno di voi ha piu’ informazioni di me – girate pure! Io mi sono affidata al vecchio metodo, e ho interrogato una guardia. In primis, l’idea di appendere tutto e’ di Cattelan stesso. Beh, non mi stupisco, considerata la sua debordante passione per figure impiccate a penzoloni a mezz’aria. Pero’ in questo spazio e’ una soluzione nel complesso geniale. Ed e’ anche un pugno nell’occhio e – come e’ stato notato in una recensione su cui torno a breve – alcune delle sue opere ci perdono, nel senso che perdono proprio dei pezzi. Per esempio la sua famosissima Papa Giovanni Paolo II colpito da una meteorite (La Nona Ora, 2001), uno dei miei pezzi preferiti, spiazza un po’ senza il contesto della terra sotto i piedi.. insomma sembra tutto troppo sospeso. L’allestimento in se’ deve essere stato uno show nello show: guardare per credere sul sito del museo. Per altre opere invece l’essere sospese e il poter essere viste girandoci attorno e’ una combinazione vincente. In tanti eravamo a passo lento sulla rampa con la testa sporta dalla ringhiera per vedere cosa avrebbe rapito il nostro sguardo: un cagnolino su una sedia, un piccione veneziano doc appollaiato tra i cavi (tremendamente realistico, in realta’ e’ un’opera, Others, 2011 / una dozzina di piccioni a quella succitata asta hanno realizzato $580, 000, niente male per dei pennuti) o una donnina (pare sia proprio la nonna dell’artista) che spunta da un frigorifero…ecco una varieta’ che incuriosisce, sbalordisce. Maurizio Cattelan: All – titolo essenziale e non originale per una retrospettiva ma totalmente onesto.
L’apertura della mostra non ha suscitato consensi nell’establishment locale: personalmente ricordo una severa recensione sul New York Times e una ancora piu’ pesante sul New Yorker (o viceversa)…ma con buona pace dei critici che mettevano in dubbio che Cattelan possa dirsi un artista, il museo e’ pieno e questo cinquantenne, probabilmente uno dei pochissimi artisti italiani noti e stranoti, continua a far parlare di se’.
Nutrivo una sana antipatia nei suoi confronti. Quella sua ossessione per i corpi privi di vita, ingannevolmente rianimati attraverso la tassidermia – pare un’eredità di un suo primo impiego all’obitorio – proprio non mi va giu’. E dopo questa esperienza non e’ che Cattelan mi sia diventato simpatico, nooo, ma mi e’ parso di capire che lui stupido non e’ e che forse siamo piu’ spesso noi gli stupidi. Insomma non me la sento di condannarlo contro ogni ragionevole dubbio, per ricorrere ad una formula nota. Mi ha preso nella rete piu’ di qualche volta con la sua ironia, col suo giocare con gli stereotipi e le immagini, con le sue sfide concettuali. Cosi’ mi chiedo se smetta proprio per questo, perche’ in tutti questi anni – inizia la sua carriera verso la fine degli anni Ottanta – ha continuato a giocare sempre sul piano dell’ironia, cavalcando (mai termine fu piu’ appropriato) ora l’ingenuita’ e il perbenismo del nostro “belpaese”, ora minando le nostre piccole sicurezze. Senza alcuna significativa evoluzione. Ed ecco che quest’ultimo atto sarebbe un gran gesto di modestia.
Segnalo infine un happening legato alla chiusura della mostra (provero’ ad esserci).
Diana Cesi vive e lavora a New York City. Si occupa di mostre, allestimenti, collezioni d’arte al di qua e al di la’ dell’oceano. Per lavoro e per passione visita musei, gallerie, case d’asta di ogni parte di mondo. Insomma fa del suo meglio, rigorosamente senza stress.
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