“Da piccolo, avevi il sospetto che tutti gli altri conoscessero un segreto fondamentale del quale tu venivi tenuto all’oscuro. Gli altri sembravano sempre sapere quello che stavano facendo.”
Le Mille Luci di New York ha gironzolato per casa mia per qualche mese prima che decidessi di leggerlo; ogni tanto sbucava da una pila di libri, ma ci ritornava subito. Il punto è che credevo si trattasse soltanto di uno degli innumerevoli racconti stile American Psycho, su quanto la Grande Mela possa essere marcia e su come tutto questo marciume sia cominciato negli sfavillanti e tamarri anni ’80.
Solo al ritorno dal mio ultimo giro nella Città, ho deciso di prenderlo in mano e a quel punto è stato sufficiente un fine settimana per divorarlo. Per prima cosa ho scoperto che non è affatto un qualsiasi romanzo yuppie, ma tutt’al più è il capostipite della serie, essendo datato 1984. Ma la scoperta più bella è stata che il libro non si limita a fare un elenco di bar e ristoranti fighetti o di completi Armani, ma è il vero racconto di come ci si possa perdere, ma anche ritrovare, a New York.
L’anonimo protagonista è un giovane di belle speranze, che lavora come correttore di bozze in una famosa rivista, ma aspira a diventare scrittore e nel mentre “aspira” parecchia polvere bianca per passare il tempo.
Partito dalla provincia con ambizioni e sogni di grandezza, si rende conto “gradatamente prima, e poi di colpo” di aver perso la bussola. Tutto comincia con la separazione dalla moglie, la modella Amanda, che un bel giorno lo lascia senza tanti complimenti e parte Parigi con un altro uomo. Da lì in poi tutto va a rotoli.
Si ritrova imprigionato in un ufficio che odia, circondato da colleghi nevrotici e vecchi giornalisti arteriosclerotici, conservati come mummie nei labirintici uffici. E dopo aver collezionato una figuraccia dietro l’altra, è costretto ad affrontare il suo capo: Clara “La Piovra”, che gli dà il benservito in tempo record.
Per cercare di sollevarlo dalla depressione, l’amico Tad Allagash non trova di meglio che trascinarlo in un turbine di feste a base di cocaina, da dove il protagonista esce ogni volta più disperato e allo sbando.
Il nostro eroe oltretutto è anche fortunato con le donne e ne trova di dolci e sensibili, ma distrugge irrimediabilmente ogni possibilità di costruire una storia quando si presenta loro ubriaco fradicio e pieno di “Boliviana”.
Per tutto il tempo è rincorso dal fratello Michael, a cui si nega al telefono e da cui fugge regolarmente. Ed è solo quando questi riesce a bloccarlo, che i nodi vengono al pettine e si comprende l’origine vera e profonda dei problemi del nostro eroe.
Nel romanzo Ho sposato un Comunista, Philip Roth sostiene che “ogni vera catastrofe è, nel nocciolo, sempre un patetico dramma personale”. Per dirla in parole povere, tutto quello che ci circonda non è altro che una nostra personale rappresentazione e tutti gli eventi spiacevoli che ci capitano, non sono che la ripetizione di qualcosa che in noi non quadra.
McInerney è bravissimo in questo senso a mostrarci entrambe le facce del protagonista, attenta e sensibile, o diabolica e cinica, insieme con i mille volti della città: il Village può essere dolce e accogliente, se condiviso con una persona che si ama, mentre può mostrarsi squallido e posticcio, se colto in un solitario e frenetico sabato sera. Tornare dal Queens può voler dire sentirsi “come se avessi attraversato mari e monti” e passare nel Lower East Side è come trovarsi “ai Confini della Realtà.”
Ogni angolo della città, non è altro che il riflesso di ciò che ha dentro; tocca a lui decidere che scorcio intende mostrare agli altri e a sé stesso.
Da leggere sul treno, durante una gita verso qualche sperduto paesino del New England, per fuggire per qualche giorno dalle mille luci di New York.
Tommaso Brambilla, globetrotter multilingue, si dedica alla scoperta del mondo una citta’ alla volta. Mandate una email all’autore del post all’indirizzo itommi@hotmail.it
McInerney è uno dei miei autori preferiti…. e questo libro lo conferma in pieno!!!! Da leggere!!!!
ahahahah questo ce l’ho!!!! l’ho già letto…. vero, grandissimo libro…!!!!