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Il Mondo Senza di Noi (The World Without Us) di Alan Weisman

29 Settembre 2010 di Cristina 1 commento

“Fra le rovine dei grattacieli echeggiano i canti d’amore delle rane che si riproducono nei rinati torrenti di Manhattan.”

Quando ero piccolo mi capitava di pensare a cosa avrei fatto se fossi rimasto solo sulla terra, a come me la sarei cavata se all’improvviso ogni singola persona fosse scomparsa. La cosa divertente è che non si trattava di una fantasia paurosa, ma al contrario, affascinante e solo vagamente inquietante. L’idea di poter fare tutto ciò che volevo mi inebriava. Mi vedevo vagabondare usando ogni giorno un’auto diversa e prendendo tutto quello che mi serviva, ovunque volessi; mi immaginavo come una specie di Mad Max, ma in un mondo più comodo e privo di pericoli.

Dato l’egocentrismo infantile, non avevo naturalmente considerato un aspetto molto semplice: il mondo non sarebbe restato immobile ad aspettare i miei comodi e non sarebbe rimasto per molto il supermercato a cui ero abituato. Le nostre costruzioni di cemento, vetro e acciaio sarebbero capaci di resistere al tempo come le piramidi egizie? E la nostra tecnologia che ci appare tanto raffinata da non aver bisogno di noi, continuerebbe a funzionare imperitura anche durante la nostra assenza? Come spesso capita, ci sopravvalutiamo; secondo Alan Weisman, l’autore de Il mondo senza di noi, l’altissima considerazione che abbiamo nelle nostre creazioni è decisamente mal riposta e una terra priva di umani potrebbe cambiare molto prima di quanto pensiamo.

Alan comincia da New York (e da dove altrimenti?!) il racconto di cosa accadrebbe al mondo che conosciamo se magicamente noi, e solo noi, svanissimo. Nel quartiere di Chelsea, intorno agli inizi degli anni ’80, una linea soprelevata della Central Railroad viene chiusa e abbandonata a sé stessa. Meno di vent’anni dopo quella sottilissima striscia di traversine e sassi è completamente ricoperta da un manto verde: non solo erbacce, ma vere e proprie piante.

Adesso è diventata un parco alla moda, che vi invito caldamente a visitare, ma fino a qualche anno fa la High Line era un piccolo scorcio di quello che New York diventerebbe se gli umani non ci fossero. Alla natura è bastato un ventennio per riprendersi una fetta di terreno sterile nell’isola più urbanizzata del mondo.



Ma anche per chi conosce un po’ la città, la New York post-umana resta a stento immaginabile. Spring Street e Water Street non sono nomi di fantasia e ben presto l’acqua comincerebbe di nuovo ad invadere i quartieri. Le strade diventerebbero ruscelli e i tunnel della metropolitana sarebbero invasi dalla baia non più frenata dagli uomini; pare addirittura che sotto Harlem scorra anche adesso un enorme fiume sotterraneo.

I palazzi ultramoderni, corrosi dalla ruggine, crollerebbero nel giro di qualche secolo, mentre Central Park diventerebbe di nuovo una palude, da cui la foresta si riprenderebbe pian piano tutta l’isola.

Contrariamente a quanto potremmo immaginare, scomparirebbero scarafaggi e topi, uccisi dal freddo e dalla fame, e tornerebbero animali più pericolosi, ma decisamente più simpatici e autoctoni, come coyote, lupi e falchi.

Il racconto lascia poi New York per analizzare molti dei cambiamenti, non sempre voluti e a volte irreversibili, che l’uomo ha apportato alla natura: le dighe e la deforestazione, i depositi di scorie nucleari e il “Pacific Trash Vortex”. E la novità del libro di Weisman sta nel fatto che non si tratta dell’ennesimo studio archeologico su com’era la terra prima dell’avvento dell’uomo, ma su cosa diventerebbe in quarantotto ore, in cento anni, e poi in cinquecento milioni di anni dopo la nostra scomparsa.

Per farla breve: cosa abbiamo fatto finora che valga la pena di essere conservato? E quante sono le nefandezze di cui ci siamo macchiati e a cui non siamo sicuri di poter emendare? A me piace pensare che New York rientri nella prima categoria, anche se non credo che i coyote sarebbero d’accordo.

Da leggere sulle panchine di legno della High Line, in attesa che il mondo finisca, ma sorseggiando una limonata di Amy’s Bread per addolcire l’idea.

Tommaso Brambilla, globetrotter multilingue, si dedica alla scoperta del mondo una citta’ alla volta. Mandate una email all’autore del post all’indirizzo itommi@hotmail.it

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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