“Incominciava a piacermi New York. Mi piaceva risalire la Quinta Avenue, scegliere donne romantiche nella folla e immaginare che in pochi minuti sarei entrato nella loro vita e nessuno lo avrebbe mai saputo o vi si sarebbe opposto. ”
Eccomi arrivato all’ultimo articolo; dieci recensioni di libri di e su New York, questo era l’accordo con il nostro comune amico. Poter raccontare quel poco che conosco della Grande Mela e arricchirlo con tutto quello che sanno i romanzi, è stato un vero piacere. Grazie a chi me lo ha concesso.
Adesso torniamo a noi: sono stato molto dibattuto sull’ultimo libro da scegliere, perché le possibilità erano ancora tantissime, ma nessuna mi soddisfaceva davvero. Allora ho deciso di scegliere una mia vecchia conoscenza. Sono sicuro che molti di voi l’avranno letto e non ho la pretesa di proporvi una novità: ma vi racconterò il mio Gatsby, quello che è stato per me questo romanzo.
Correva l’anno 1998 e il qui presente, insieme ai fidati compagni di viaggio, era chino sugli studi leggiadri e le sudate carte del liceo. Si dà il caso che il primo approccio con Gatsby sia avvenuto proprio in quel momento e più precisamente tramite un’agghiacciante versione antologica inglese, corredata di domande a fine capitolo. Fitzgerald era per me l’incubo del sabato mattina, in cui cercavo di copiare le risposte da qualche anima caritatevole.
Come spesso accade, dopo quell’esperienza traumatica, ho evitato per qualche anno di avvicinarmi al romanzo. Ma poi, si sa, il tempo appiana tutto e un bel giorno decisi di rimettermi a leggerlo. Sorpresa: non solo il libro non era per niente quel macigno che ricordavo, ma, al contrario, era un autentica figata.
Pubblicato per la prima volta nel 1925, ci mostra per prima cosa come siamo presuntuosi nel ritenerci una generazioni godereccia e immorale…Quella era “la generazione immorale”: alcol, droghe, feste, balli, malavita, adulteri e promiscuità sessuale; tutte le follie che avete fatto a partire dai 15 anni, loro le avevano fatte prima e meglio.
Credo che la storia sia conosciuta più o meno da tutti. Nick Carradine bazzica la megavilla di sua cugina Daisy a Long Island e un po’ per caso conosce Jay Gatsby, il festaiolo per antonomasia. In breve si scopre che Gatsby organizza feste solo per riconquistare la sua vecchia fiamma Daisy, che prima ci sta e poi lo molla di nuovo, lasciandolo metaforicamente sotto un tram.
Fin qui niente di nuovo, se non fosse che tutto è nuovo; Fitzgerald è il primo ad avere il coraggio di raccontare il lato oscuro del sogno americano. Per la prima volta fu chiaro a tutti che i ricchi newyorchesi bazzicavano ugualmente volentieri le ville di Long Island e i sobborghi di Astoria, gli attici di Park Avenue e gli squallidi appartamenti del Lower East Side.
In molti hanno un debito con Fitzgerald e, per non andare troppo lontano, almeno tre dei romanzi che vi ho raccontato, Le mille luci di New York, Il bar delle Grandi Speranze e La città invincibile, sono dei veri e propri rifacimenti di Gatsby.
Ma forse quello che sconcerta di più è la modernità dei personaggi e dei luoghi. Daisy è la tipica stronza che vi intorta per anni e poi vi lascia senza batter ciglio. Tom Buchanan, suo marito, è il fighetto nato con la camicia, pieno di privilegi e perennemente insoddisfatto. Jay Gatsby è invece l’arrampicatore sociale, disposto a tutto pur di non sentirsi da meno, che si accorge troppo tardi che l’accesso al vero privé gli è stato precluso fin dall’inizio. E poi c’è Nick Carradine, il vero protagonista del romanzo, che è il modello di tutti i solitari che restano ai margini delle storie, pur essendo gli unici a comprenderle profondamente e del tutto.
Infine c’è New York, sempre lei, la prima donna di tutti i nostri romanzi, che negli anni ’20 era già sgamata e strafottente come oggi, se non di più. Gli anni ruggenti devono essere stati la sua adolescenza burrascosa, una delle sue esibizioni più riuscite; ma spero che anche voi concorderete con me, che anche se è un po’ invecchiata, non lo dimostra per niente.
La Long Island Rail Road esisteva già al tempo di Gatsby: prendetela e fermatevi a Little Neck. Andate in spiaggia e leggete: chissà che non vediate una luce dall’altra parte della baia.
p.s. Grazie a Luca e Cristina, i nostri comuni amici, a John e Andy, i miei compagni di viaggio e a M., la mia correttrice di bozze.
Tommaso Brambilla, globetrotter multilingue, si dedica alla scoperta del mondo una citta’ alla volta. Mandate una email all’autore del post all’indirizzo itommi@hotmail.it
Lascia un commento