Chi tra di voi pensa di far parte della categoria degli “Adventurous Eaters?” (ovvero quelle persone che non si fermano davanti a nulla e mangerebbero qualsiasi cosa, purche’ a detta di altri sia commestibile?)
Be, diciamo che da quando sono a New York, ho scoperto di esserlo. Ad esempio,durante la prima volta al mio primo banchetto cinese nella Chinatown del Queens, mi e’ stato severamente proibito di chiedere cosa stessi mangiando: “Mangia e basta, vedrai che ti piacera’: se ti svelo gli ingredienti si perde tutta la poesia.” Sta di fatto che durante quella cena ho scoperto (a fine pasto, ovviamente) di aver mangiato zuppa di pinna di squalo e meduse. A ripensarci mi vengono ancora i brividi.
Oltre a quella volta, ho pensato di essere una vera e propria “Adventurous Eater” quando non mi sono fermata davanti ad un piatto di mie adorate alette di pollo super piccanti, che alla fine della scorpacciata ero pallidissima e con le labbra viola tipo Laura Palmer in Twin Peaks.
Il terzo episodio e’ invece successo quando ci e’ arrivata in ufficio come messaggio promozionale di non mi ricordo piu’ cosa (si vede non ha funzionato molto bene come campagna di branding!) una cavalletta ricoperta di cioccolato. Prendendoci in giro, io e i miei colleghi ci siamo automessi in una posizione imbarazzante in cui tutti sfidavano tutti a mangiare la cavalletta che in verita’ nessuno si voleva mangiare. La mia capa, vedendoci ridere nervosamente come degli idioti e’ uscita dal suo ufficio e dopo aver dato una rapida occhiata all’insetto marrone ha sentenziato: “E’ finta” — e da li ci siamo quindi tutti lanciati e ce la siamo divisa (per scoprire solo dopo che in verita’ era una cavalletta vera e propria — ma che sapeva di Rice Crispies).
O ancora, in un ristorante a Chicago due mesi fa ho ordinato un “Granchio con il guscio molle” senza sapere cosa fosse, e quindi ignorando che si trattasse di un panino con un intero granchio fritto (incluso corazza) — che mi sono pappata davanti agli occhi strabiliati del mio cliente che continuava a ripetere che non ci credeva che mi stessi mangiando Sebastian, l’amico di Ariel.
Insomma, sul cibo, sono abbastanza di mentalita’ aperta. Finche non striscia, penso di potercela fare. O almeno…pensavo di potercela fare. Fino a quando ho letto del “Lady Cheese Shop”, aperto a Manhattan in esclusiva solo per il weekend appena passato.
Qual e’ la particolarita’ del negozio? Il fatto che i formaggi serviti all’interno erano formaggi fatti con latte umano.
Si, avete capito bene: latte di donne in fase di allattamento. La mente dietro al progetto (che si denomina esperimento artistico), e’ Miriam Simun, una laureanda alla NYU, che ha raccolto il latte di tre volenterose donne provenienti da diverse zone d’America, e ne ha fatto del formaggio.
L’intento, dice l’artista, era quello di sollevare alcune domande e far partire una conversazione sull’utilizzo del corpo umano nelle moderne biotecnologie. Il nostro corpo e’ infatti spesso trattato come una “fabbica” ormai, da cui possiamo prendere materiali (sangue, tessuti, organi, ovuli, sperma e ora addirittura il latte), per utilizzo di terzi.
Con i suoi tre tipi di formaggio, ognuno con un carattere e un sapore ben distinto (Midtown Smoke, Wisconsin Chew e West Side Funk), la studentessa ci ha sicuramente fatto riflettere — sia sul modo in cui percepiamo il nostro corpo, sia sul fatto di essere o meno dei “mangiatori avventurosi”.
Sta di fatto che non credo avrei assaggiato i formaggi (disponibili anche in un altro ristorante a New York, o la versione gelato, di recente lanciata anche a Londra): sara’ per tutti i tabu contenuti nel concetto di latte umano, sara’ per il fatto che il latte materno riconduce, come la parola stessa dice, a forse l’unico rapporto extra privilegiato che abbiamo in tutta la nostra vita con un altro essere umano, sara’ perche non sono abbastanza avventurosa.
O sara’ il fatto che non credo accetterei pezzi o prodotti del corpo di qualcun altro se non nel caso in cui ne vada della mia incolumita’ e/o vita.
E’ certo pero’ che alcune domande chiave questa Miriam le ha sollevate. Ad esempio: come mai in genere non abbiamo nessun problema a mangiare i formaggi provenienti da latte di mucca o capra?
no.!!!!! hai fatto bene . mi e’ venuto un senso di nausea mentre lo leggevo.
e’ come mangiare un pezzo di noi, non siamo cannibali. Qualche paletto nella
ns. vita bisogna metterlo.
finalmente qualche cosa di veramente innovativo!!!! potrebbe essere una soluzione al prossimo esaurimento delle derrate alimentari terrestri.
maaaaaa…. hai mica pensato a me e al frappè scrivendo questo articolo???