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Ho trovato l’Harlem che sognavo

15 Gennaio 2013 di Cristina 2 commenti

Come penso molti altri Italiani, sono da sempre affascinato da Harlem. Dalla sua storia, dalla sua anima, dalla sua musica e anche dal suo cibo. Prima di trasferirmi a New York fantasticavo spesso di notti a base di soul food, drinks e musica jazz. Tuttavia la mia visione romantica del quartiere nero di New York non si era mai realizzata in loco. Nel corso di questi anni mi sono recato ad Harlem diverse volte, sempre rimanendo vagamente deluso. Harlem mi e’ sempre sembrato un po’ banale, senza il carattere che mi aspettavo.

Tutto questo e’ pero’ cambiato domenica sera.

Nonostante le continue delusioni a forma di cibo fritto e strade sporche e inquietanti, ho continuato a sperare che la vera Harlem fosse li, nascosta da qualche parte. In qualche anfratto a me ancora sconosciuto. Sicuramente non nella zona ristrutturata a Nord di Central Park, covo di visi pallidi (come me) stanchi dei prezzi del Village ma alla ricerca di un quartiere simile.

E domenica sera per un paio d’ore, mi sono sentito trasportato nel tempo. Ad un’epoca d’oro della musica Jazz ad Harlem. Finalmente con carattere da vendere e unicita’. Ho vissuto uno dei miei sogni romantici dal vero.

Tutto e’ iniziato per caso, non sono riuscito ad acquistare i biglietti per un concerto a cui volevo andare domenica sera a Williamsburg e mi sono trovato costretto a cercare altro da fare. Navigando da casa su internet ho iniziato a cercare altri concerti a cui andare. Ma nulla mi ispirava piu’ di tanto. Finche’ ho digitato “Harlem Jazz Club” nella barra di ricerca di Google. Tra i soliti sospetti, un po’ noiosetti devo dire, ho trovato una breve descrizione di un locale in cui non ero mai stato: l’American Legion Post (Che in realta’ non e’ un bar ma un ritrovo di veterani ho scoperto poi). La descrizione diceva: “Il segreto meglio tenuto di tutta Harlem. Questo locale e’ una gemma di rara bellezza e unico”. L’indirizzo del locale era 132nd street e 8th Avenue. Descrizione e location mi hanno incuriosito non poco devo dire.

Arrivato sul posto sono rimasto stupito nel trovarmi solo una fila di townhouse, senza alcun bar o negozio per l’intero isolato. Con fare dubbioso, e gia’ pensando di tornare a casa il prima possibile data la zona non proprio bellissima, ho controllato meglio le casette una ad una (non avevo controllato il numero civico del posto, pensando di riuscire a vederlo dalla strada). All’ingresso della cantina di una di esse ho trovato un cartello che diceva: “Se vuoi entrare qui, devi tirarti su i pantaloni. Un abbigliamento decoroso e’ richiesto per entrare in questo locale”.
Dubbioso sul da farsi, ma sempre piu’ incuriosito, ho deciso di tentare la sorte e di aprire la porta della cantina. Sperando che il cartello riguardante il “tirarsi su i pantaloni” non si riferisse a qualcosa di strano (a New York non si sa mai, leggende di party estremi le abbiamo sentite tutti) ma solo all’antipatia di molte persone verso la nuova moda dei giovani di colore di portare i pantaloni con la vita all’altezza del ginocchio.

Aperta la porta, un sorrisino ebete si e’ subito impresso sulla mia faccia. Li, in una cantina di una via malamente illuminata avevo forse trovato la vera Harlem. O meglio la vera Harlem per me, quella che volevo io.

La stanza era lunga e stretta, con il palco a destra della porta d’ingresso. Quindi appena entrato mi sono ritrovato al centro dell’attenzione, con decine di persone tutte rivolte verso di me. In uno stato di completo imbarazzo e confusione, sono stato riportato alla realta’ da un burbero signore di colore, che, in un inglese appena comprensibile per me, mi disse che dovevo firmare il libro degli ingressi. Firmato il registro, in una specie di trans ho superato il palco e mi sono indirizzato verso la zona con i tavolini. Intorno a me individui che sembravano usciti da un film sulla harlem degli anni 30, con cinque sei visi pallidi qua e la e due asiatici. L’unico con maglioncino di lana, camicia, capello lungo e semi-biondo ero io. In quel momento mi sentivo tatuato sulla fronte la scritta “Milanese smarrito ad Harlem, per favore aiutatemi”. Ad un certo punto un signore sui 50 anni con i capelli rasta piu’ lunghi che abbia mai visto mi guardo’ e mi disse: ”Siediti no?” Come un idiota ero rimasto in piedi nella sala, in fianco ad un tavolo libero, non sapendo bene se sedermi o chiedere permesso prima, come si fa al di sotto della 125esima strada.

Poi la musica e’ iniziata. Incredibile musica Jazz con una dozzina di musicisti che si alternavano. In un ambiente surreale ma familiare allo stesso momento.

Questo succede ogni domenica dalle 19.30 alle 24. L’ingresso e’ gratuito, le birre costano $4 ed e’ possibile anche mangiare specialita’ soul food. Il servizio al tavolo e’ approssimativo ma comunque caratteristico. Ad un certo momento la cameriera ha sparecchiato il tavolo a lato del mio per poi mettere e dimenticarsi tutto sul mio tavolo.. Piatti con ossicini di pollo rosicchiati inclusi! Il locale poi e’ abbastanza dimesso. E’ pur sempre un basement riadattato e arredato con pochi dollari.

Pero’ e’ proprio quello che voglio da Harlem: calore, carattere, anima, divertimento e unicita’. E finalmente ora so dove trovarlo!

 

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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