In questi anni tutti si spacciano per sommelier e si atteggiano a grandi conoscitori di vini, anche se in genere non distinguerebbero un Bordeaux da un Tavernello se non fosse per l’etichetta; per questo la storia di Charles Bieler e Bruce Schneider mi ha divertito perché è in controtendenza. Questi due commercianti di vini di New York hanno pensato di rilanciare l’idea del vino nei fusti, che in Italia è ancora molto diffusa. I vantaggi sono chiari: il vino sfuso costa meno, si mantiene fresco più a lungo, non comporta imballi da smaltire ed è più facile da stoccare negli spazi limitati dei locali di Manhattan.
Non ho molta simpatia per le bevande in lattina e preferisco che anche la coca cola sia nella bottiglia di vetro, perciò vi potete immaginare cosa penso di questo progetto. Ma in una città come Manhattan, dove un bicchiere di vino fatto col bicarbonato (Fantozzi docet) costa come un’intera bottiglia comprata altrove, questa idea potrebbe rivelarsi vincente.
I vini Gotham Project provengono da Cile, Nuova Zelanda, Germania e perfino da Upstate New York e sono già disponibili in molti ristoranti come Artisanal Bistro, Terroir Tribeca e Boqueria; ne ha già parlato persino il New York Times. I due assicurano che l’acciaio inossidabile 304 dei fusti non interferisce con il gusto, ma per me sarà dura non avere l’impressione che vi sia stato immerso un chiodo arrugginito.
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