La prima volta che ho visto il Flatiron Building l’ho snobbato. Si, si, non l’ho proprio cagato. L’ho visto da lontanissimo, mentre attraversavo la strada, durante una giornata uggiosissima di Gennaio. Ero piu’ attratta da posti come Times Square, Battery Park, la Statua della Liberta’. Mai e poi mai avrei pensato che il famoso Flatiron Building diventasse il punto saldo nella mia vita newyorkese. Si, perche dovete sapere che ogni giorno, appena uscita dalla metropolitana, quello e’ il primo edificio che vedo. Poi mi giro dall’altra parte e vedo l’Empire State Building (si, si, lo so, fortunella!)
In ogni caso, stamattina anziche essere, come tutte le mattine, affascinata dalla superficie piatta e ornata di Flatiron, la mia attenzione si e’ rivolta a questa sorta di “Winter Wonderland” che scintillava da lontano, nel mezzo di Madison Square Park.
Ora: c’e’ da dire che Madison Square Park e’ un parco molto artistico: nel senso che ogni mese installano una mostra, solitamente con sculture o installazioni insolite, per lanciare o celebrare artisti piu o meno conosciuti. E’ lo stesso parco che quattro anni fa hanno installato delle statue di bronzo di esseri umani in grandezza naturale in cima agli edifici circondanti il parco e, niente, la polizia di New York ha avuto un picco di chiamate d’allerta per segnalare potenziali suicidi. Dei geni insomma.
Comunque, stavolta l’installazione e’ all’apparenza proprio carina, perche sono delle palle di cristallo che all’apparenza hanno delle rocce o dei cristalli colorati al loro interno — che poi con la neve sembra tutto piu bello e crea un gioco di riflessi che i fotografi amatoriali manco a dirlo. Mi sono trattenuta dal fare foto alle posizioni piu’ strane che le persone assumevano per catturare quel momento Instagram che avrebbe ricevuto piu’ likes (me compresa, ovviamente.) Ma la tentazione era forte.
Dopo aver girovagato e fatto praticamente yoga mattutino per catturare gli attimi di cui sopra, ho letto che il progetto porta la firma dell’artista Paula Hayes — artista che solitamente si cimenta con palle di cristallo e piante. Questa volta pero l’artista ha voluto catturare l’essenza della contemporaneita’ utilizzando pezzi di tecnologia (tastiere rotte, batterie, polvere di CD…) combinati a cristalli, chiamando il tutto Gazing Globes. I “globi miranti.”
In verita’ pero non so dire se la mostra mi sia piaciuta o no nella sua interezza. O meglio: come dicevo prima l’effetto da lontano e’ meraviglioso, cosi pure l’effetto da semi-vicino, fino a quando poi ti avvicini troppo e vedi che all’interno delle palle di cristallo c’e’ l’amplificazione di una discarica digitale. Che certo ti porta a riflettere sulla solita “bellezza della natura” versus “guarda un po’ come siamo deficienti a rovinarla con le nostre tecnologie,” si stava meglio quando si stava peggio, io alla tua eta’ saltavo i fossi per il lungo — e cosi via.
Pero un po’ sta cosa dell’inquinamento ambientale un po’ mi ha fatto subito pensare: “ah, ok, ancora con sto inquinamento ambientale.” Che per l’amor del cielo, certi argomenti si devono ripetere all’infinito per farle entrare in testa a tutti, e per metterle sempre al primo posto nella lista dei valori dell’umanita’. Pero l’intera mostra mi e’ sembrata un po’ il riassunto di mille racconti, sviluppato tra l’altro in maniera quasi banale.
Ma, si sa, io l’arte moderna e contemporanea non la capisco finche non mi viene completamente spiegata nel dettaglio. Sono sensibile cosi.
Voi che ne pensate?
Anche io non capisco tanto l’arte contemporanea è in questo caso mi sarei limitata a contemplare il flat iron da Madison Square Park con un hot dog di Shake Shack in mano!
Haha, eh si, vedi, la cultura del cibo invece la capisco benissimo 🙂