Da oggi e fino al 1 Settembre 2014 al Guggenheim di New York e’ possibile vedere l’esibizione dal titolo: “Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe”, ovvero il Futurismo Italiano. La mostra e’ sponsorizzata da Lavazza, ed e’ stata possibile grazie alla tenacia della curatrice, Vivien Green, la quale ha impiegato ben cinque anni per la realizzazione dell’esibizione. Anni di studi e organizzazione che sono culminati in una mostra di quasi 400 opere, che raccontano in modo dettagliato la nascita del movimento, il suo sviluppo e i suoi fautori.
Partendo dal Manifesto Futurista di Marinetti del 1909, passando per le opere dell’artista Boccioni e le tele di Benedetta Cappa Marinetti, la curatrice racconta di un movimento letterario che dilaga negli anni in tutte le arti visive: dalla pittura alla scultura, dalla fotografi al cinema, dall’architettura alla moda. La mostra si snoda lungo il circolare corridoio centrale del Museo, in cui lo spettatore ascendendo verso la cima percorre cronologicamente tutte le pricipali tappe del movimento. Guardando le opere in mostra e’ chiaro che i futuristi professavano non una semplice corrente artistica e letteraria, ma bensi’ un’intero nuovo modo di vivere, in cui lo spettatore e’ completamente immerso in un ambiete futurista.
Per raggiungere questo scopo, i futuristi cercano ispirazione dalle piccole e grandi rivoluzioni tecnologiche del tempo: la nuova industria automobilistica, d’aviazione e piu’ in generale di trasporto che permette un’accelerazione del movimento delle metropoli moderne. Fanno tutto questo cercando di rompere con la nozione del tempo e spazio di allora, fratturando le forme rappresentate e raffigurando il movimento come mai prima. Passata pero’ una prima fascinazione per il movimento, l’allestimento della mostra rende chiaro anche una grandissima mancanza di Marinetti e compagni. Sebbene inteso come un movimento internazionale, avant-garde e per l’appunto futurista, i futuristi hanno completamente ignorato l’America (se non per un soggiorno di due anni dell’artista Depero) e la possibilita’ di lasciare un marchio ancora piu’ importante su tutta l’arte moderna e contemporanea. Sebbene invaghiti dalla tecnologia, i futuristi furono troppo ancorati all’immagine della vecchia Europa e non videro un cambiamento di leadership oramai imminente. Marinetti e altri organizzarono mostre a Parigi, Londra, Berlino e in Russia per promuovere il loro movimento, ma non in America, parlando di futurismo in nazioni troppo legate al loro passato, e non in America dove il vero futuro si stava costruendo. E i segnali c’erano tutti per capire questa inversione di tendenza. Mentre l’Europa si beava nella sua traballante superiorita’, in America immigrati europei e cittadini Statunitensi erano all’opera per cambiare la vita dell’intera umanita’. Alcuni esempi sono Nikola Tesla che da New York rivoluziono’ il mondo dell’elettricita’ e delle comunicazioni. Oppure i fratelli Wright che nel 1903 fecero volare per la prima volta una macchina motorizzata. Finito quindi il movimento nel 1944 con la morte di Marinetti, il Futurismo pian piano sparisce, come la leadership europea. Senza quindi influenzare come avrebbe potuto legioni di artisti moderni e contemporanei che faranno di New York e l’America la loro base creativa.
Lascia un commento