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Follie di Brooklyn (The Brooklyn Follies) di Paul Auster

21 Settembre 2010 di Cristina 5 commenti

“Stavo cercando un posto tranquillo per morire. Qualcuno mi raccomandò Brooklyn.”

Brooklyn esiste, di questo sono ormai certo. Ho girato in bici per i suoi quartieri, ho passeggiato per le sue spiagge e ho perfino conosciuto qualcuno che ci abita. Non è un miraggio che si intravede oltre l’East River, ma un luogo vero con edifici veri; e nonostante un nostro comune amico la ritenga ancora una succursale di Manhattan, a me è piaciuta parecchio.

Durante la mia prima visita a New York qualche anno fa, avevo allungato il naso oltre il ponte, ma soltanto per fare immediato dietro-front verso l’Isola. Da vero turista, avevo semplicemente pensato che non valesse la pena e che non ci fosse nulla di interessante oltre il fiume.

Ma nel frattempo ho letto Follie di Brooklyn e questa volta ero intenzionato ad esplorare un po’ meglio la sorella minore di Manhattan. Se ancora non fosse chiaro, spesso tendo a confondere realtà e finzione letteraria e ho l’impressione che i libri suggeriscano qualcosa degli eventi futuri. Credo che Nathan Glass, il protagonista del libro, la pensi come me.

Giunto ormai alla pensione, Nathan cerca semplicemente un posto tranquillo dove poter passare gli ultimi anni della sua vita, vagamente intenzionato a scrivere un libro sulla follia umana. Stanco di soffrire, vuole isolarsi dal dolore e cerca un angolino di mondo dove nessuno lo possa disturbare. Torna perciò a Brooklyn, dove è nato, convinto che il quartiere sia sufficientemente tranquillo e monotono da permettergli un lento e mediocre declino.

Ma è proprio quando cerchiamo l’isolamento, che la realtà si prende la rivincita e invade le nostre esistenze; così la sonnacchiosa Park Slope si rivela un vortice di storie, da cui Nathan è travolto.

Scopre ben presto che “i brooklyniani sono meno restii a parlare con gli sconosciuti di qualunque altra tribù avessi incontrato prima.”

Al Cosmic Diner, la tavola calda dove pranza abitualmente, conosce la cameriera Marina: uno di quegli incontri che nei momenti grigi riconciliano subito con la bellezza della vita.

Ritrova poi l’amico Harry Brightman, librario dalla dubbia moralità, che cerca il colpo della vita con un presunto manoscritto di Hawthorne, ma che si rende conto ben presto di essere stato raggirato dalla persona che più amava.

E nella libreria di Harry lavora Tom, il nipote preferito di Nathan, che nonostante le grandi speranze giovanili, si ritrova letteralmente incagliato nello scoglio dei trenta. E’ bloccato in un lavoro noioso ed è incapace di dichiararsi a Nancy Mazzucchelli, la donna che ama e che ha ribattezzato Bellissima e Perfetta Madre. La BPM racchiude in sé tutte le qualità con cui alcuni uomini (me compreso) idealizzano le donne; ma forse Nancy non è soltanto bellissima e soprattutto non è  solo perfetta, ma ha anche lei una storia da raccontare.

E’ però la solitaria apparizione della nipotina Lucy, figlia della sorella di Tom, che sradica Nathan dal suo esilio periferico. Dove è finita la madre Aurora? E perché Lucy si rifiuta di parlarne?

E’ nel racconto delle vicissitudini di Nathan e Tom, intenti a sbrogliare queste incomprensibile matasse, che Paul Auster ci regala il suo capolavoro. Il libro sulle follie umane che Nathan vorrebbe scrivere non è altro che il romanzo stesso e la follia è in realtà la vita di tutti i giorni, solo a prima vista sempre uguale a sé stessa. Restare immobili è impossibile, persino a Brooklyn; la vita ci cerca e ci cambia anche se noi ci ostiniamo a restarne ai margini. Ci costringe a rientrare nella mischia, sta a noi decidere come.

Brooklyn non ha lo scintillio schizofrenico di Manhattan, ma oltre l’apparente routine nasconde un brulichio di idee e desideri, paure e coraggio. Ed è questo che ho intravisto nella mia breve gita per il quartiere: gente di ogni tipo, che in genere non ti dispiacerebbe incontrare al parco.

Se Manhattan comincia a destabilizzarvi, non esitate a fare una passeggiata oltre il fiume. Potreste allora fermarvi per pranzo al Cosmic Diner, nei paraggi della 7th avenue; chissà che non sia Marina a servirvi.

Tommaso Brambilla, globetrotter multilingue, si dedica alla scoperta del mondo una citta’ alla volta. Mandate una email all’autore del post all’indirizzo itommi@hotmail.it

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Iki86

    21 Settembre 2010 alle 13:40

    miiiii non ho tutto sto tempo per leggere, e sto ancora a la città invincibile.. insomma la smettete di stuzzicarmi la curiosità??? 😛

  2. Tommi

    22 Settembre 2010 alle 03:10

    Non preoccuparti Iki, i libri non scappano 😉

  3. Renato

    4 Ottobre 2010 alle 18:29

    Tommaso , innanzitutto complimenti per il tuo stile.
    In che epoca e’ ambientato il libro? Esiste ancora il Cosmic Diner? 7th ave but which street?

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Cristina: una 9to5-er. Una professionista nel mondo del marketing e comunicazione. Una viaggiatrice linguista. Una sognatrice accanita che crede ancora nelle favole. Eternamente impaziente. In breve: un’italiana a New York che cerca in continuazione di vedere il lato magico nella vita di tutti i giorni.

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