I newyorkesi, anzi chi abita a Manhattan, lo impara presto. Tra la West Side, la parte dell’isola che dà sull’Hudson River e guarda verso il New Jersey e la East Side, la parte che dà sull’East River e guarda verso il Queens, non c’è solo la verde divisione di Central Park. C’è anche un muro socio-culturale-politico che fa, dei rispettivi abitanti, due distinti “partiti metropolitani”. Ci possono essere eccezioni in questa ripartizione, ovviamente, ma sono casi limitati. Tra chi decide di avere la residenza nell’Upper West Side, o a Chelsea, o nel Greenwich o a Tribeca, tutti quartieri occidentali, è assai difficile trovare persone non liberal, non di sinistra. Uno penserebbe che a orientare la scelta della zona dove vivere siano solo fattori pratici: il costo delle case da comprare o affittare, i servizi pubblici, la presenza di scuole buone o di ospedali nelle vicinanze. Non è così. Contano, ma non sono i soli requisiti.
Per chi è politicamente di sinistra, o appartiene alla elite culturale sofisticata, è un “must”, un obbligo, andare nell’Upper West Side. “Dove se no?”, dicono a chi ha l’ingenuità di chiederlo. Poiché i liberal sono in grande maggioranza a New York, soprattutto i giovani ancora senza una famiglia è possibile che debordino magari verso downtown, nell’East Village, o a Williamsburg o Dumbo, le aree di Brooklyn rispettivamente della penultima e dell’ultima moda. L’Upper East Side, invece, è territorio prevalentemente di conservatori. Ma anche di ultraliberal e ultraricchi, come George Soros, Woody Allen, Eliot Spitzer (l’ex governatore), e i tanti banchieri al top e i manager milionari degli hedge funds che ospitano i gala per raccogliere fondi per Obama negli attici e nelle town houses tra la Quinta Avenue e Park Avenue. Con il cuore sono con il popolo del West, ma l’attrazione delle regge immobiliari dell’Upper East Side è irresistibile, e così sono vicini di casa di Rupert Murdoch e di Michael Bloomberg.
Gli indignati, non a caso, avevano inserito l’Upper East Side nella mappa delle marce fuori dal parco che occupano permanentemente da 5 settimane. L’Upper West non ha attirato il loro interesse. Dovrebbero andarci, invece, se ci fosse coerenza tra gli slogan e la realtà. Non proclamano gli OWS, infatti, di essere i fustigatori dei “ricchi che non pagano le tasse”? Bene. Una società californiana specializzata nei casi di contribuenti morosi, la TaxLifeboat, ha stilato una classifica con dati del ministero delle Finanze sui quartieri che si distinguono nella poco commendevole gara a chi ha più casi di contenziosi fiscali aperti. Quelli, cioè, in cui l’IRS (agenzia delle entrate Usa) ha avviato una causa per il recupero di imposte dovute e non versate. Dietro a Las Vegas in Nevada, dove l’azzardo e la volatilità dei patrimoni sono la norma, la seconda area in tutta America con più contribuenti non in regola è nell’Upper West Side, con il suo distretto 10025 (il numero del codice postale). E’ il secondo anno di fila che il 10025, che va tra la 91esima strada a Morningside Heights, da Central Park West all’Hudson, è in questa poco rispettabile posizione, ha riportato il New York Post. Il numero di denunce dell’IRS nel 10025 è di 273, per un totale di tasse non pagate da gennaio di 10 milioni di dollari. Tra gli altri distretti postali “in rosso” di Manhattan ci sono il 10023, sempre nell’Upper West, e quello di Chelsea famoso per le Gallerie d’Arte e la sua atmosfera trendy e alternativa. Domanda che sorge spontanea: non è che l’IRS, senza volerlo, abbia documentato un caso, di palese doppia morale, di chi predica l’ideologia di sinistra per l’equità sociale nel mondo e pratica la fuga dai doveri fiscali pensando egoisticamente alla tasca propria?
La risposta caro Dottor Maggi è proprio “SI!”, ha centrato secondo me il punto…..e cioè che anche a New York affermare di seguire l’ideologia di sinistra, ed affermarla ma applicarla “veramente” sono due cose ben distinte….una volta si diceva che ogni mondo è paese….credo sia ancora valido.
Su Occupy Wall Street non commento….i suoi obiettivi stanno, via via che passa il tempo, cambiando e la sua forza sta anche scemando…..se passa la richiesta di brevettare il marchio “Occupy Wall Street” da parte di un paio di furbetti del quartierino di Manhattan, che hanno fiutato il business, abbiamo completato il cerchio…..ancora complimenti per i suoi articoli.