Ci tenevo a fare un articolo sulle strabilianti luci di Dyker Heights, il quartiere italo americano a Brooklyn che dagli anni ’80 esibisce delle luci di Natale che manco fuori dalla casa di Babbo Natale. Il punto e’ che non sapevo esattamente quale tipo di taglio dare all’articolo.
Mi spiego meglio.
Da un punto di vista estremamente informativo, potrei dirvi che Dyker Heights e’ sicuramente una tappa da mettere nella vostra lista di cose da fare a New York sotto Natale. Non solo perché vi permette di andare a visitare un quartiere che altrimenti non vedreste nemmeno in cartolina, ma soprattutto perché l’atmosfera che si vive e’ proprio da film. Alla “Mamma ho perso l’aereo” per intenderci. Quando tutte le case del vicinato sono super addobbate a Natale, in un’atmosfera quasi ovattata, in cui si sentono solo gli “ooh” e “ahh” degli avventori di quella notte, e i click delle macchine fotografiche. Dovessi aver preso questo taglio, vi avrei detto di vestirvi super comodi e super caldi, di prediligere un pomeriggio del fine settimana (tanto viene buio presto) e di prendere la metropolitana linea D fino alla fermata 79th street, e iniziare poi a camminare verso il quadrilatero interessato, compreso tra la 80th e la 86th Street, in mezzo alla Avenue 11th e 13th.
Il fatto e’ che poi ho iniziato a fare un po’ di ricerca e ho scoperto un sacco di cose interessanti che in effetti non ho letto in nessun altro articolo inerente ai vari tour delle luci. Ad esempio, e questo avrebbe potuto essere un altro taglio dell’articolo, che la tradizione e’ nata perché tale Lucy Spata ha addobbato, più di 45 anni fa, casa sua come se fosse un magnifico albero di Natale, facendo si che tutto il vicinato, vuoi per gelosia, vuoi per competizione, vuoi perché “se l’ha fatto lei allora lo faccio anche io”, ha iniziato a mettere una banda di schiaccianoci alti due metri nel loro giardino di casa (come e’ il caso dell’altra mansione greca più grande del quartiere e dagli addobbi più ricchi, quella di Florence Polizzotto.) La storia diventa ancora più intricata se si pensa al fatto che queste luminarie sono partite come un modo per ricordare e onorare un lutto recente in famiglia (la madre, nel caso di Spata, il marito, esperto delle luci di Natale, nel caso di Polizzotto.) Un po’ come se addobbare la casa potesse aiutare nel sentire i propri cari vicini, ricordarsi di quando mettere le luci fuori in giardino era un’attivita’ gioiosa che si faceva tutti insieme, in attesa della notte della Vigilia, in attesa di Babbo Natale.
Altro angolo della storia altrettanto interessante e’ invece quello che vede come protagonisti gli italiani (e un po’ anche i greci) in una lotta all’ultima lucina. Tipico di noi italiani. Che vediamo qualcosa che ci piace ed e’ fatto bene. Ma immediatamente pensiamo che noi potremmo farlo meglio. Ci avete mai fatto caso? Noi italiani siamo l’unico popolo che io conosca che vive secondo il detto “chi fa da se fa per tre” — ovvero, “fidarsi e’ bene ma non fidarsi e’ meglio.” Praticamente anziché fermarsi ad ammirare la bellezza del lavoro degli altri, questa combriccola di italo-americani ha subito pensato: “Perché non lo facciamo anche noi?” O, più precisamente: “Perché non lo facciamo anche noi, e pure meglio?” E cosi sono nate delle vere e proprie competizioni, con tanto di compagnie specializzate nell’allestimento delle lucine di Natale. Che diciamocelo: la parte più divertente del prepararsi al Natale e’ proprio quella di mettere su le decorazioni — e farlo in prima persona, se no che divertimento c’e’?!
E poi potrei stare qui a sproloquiare sul Natale, e soprattutto sul fatto che: “Ma scusa, siamo tutti molto “politically correct” e stiamo attenti a non dire “Merry Christmas” ma “Happy Holidays” — e poi a Dyker Heights c’e’ un dispiego di forze natalizie che manco al Vaticano?!”
Alla fine pero’ ho deciso di soffermarmi su un aspetto che e’ sicuramente meno storico-informativo-culturale, ma che e’ quello che mi tocca più’ da vicino, ovvero lo spirito di comunità e di “l’unione fa la forza” che spesso e’ difficile trovare in luoghi fuori da New York. Addirittura fuori da Brooklyn a volte. Vedete, da un annetto a questa parte mi sono trasferita a Park Slope, in una casetta che da sulla strada, e ho iniziato anche io la mia personale crociata contro l’alienazione delle grandi città. Mi sono messa ad addobbare l’esterno della casa, a mettere le lucine e gli omini schiaccianoci adesso che e’ Natale, ma anche le zucche e tutto il resto per l’autunno e cosi’ via. Da allora, ho perso il conto delle persone che si sono fermate a farmi i complimenti (o che mi hanno lasciato letterine di complimenti nella casella della posta) per come stia migliorando, nel mio piccolo, il quartiere. E ovviamente questo mi incita a fare ancora meglio!
La cosa bizzarra e’ che da quando ho iniziato con le mie decorazioni, i vicini hanno iniziato anche loro ad essere molto più attenti alla loro pattumiera, e a curare di più l’estetica di casa loro. Come a dire: bastava che qualcuno desse l’esempio, e tutti gli altri dietro in carovana.
Perche succeda questo meraviglioso fenomeno ancora non ho capito. Come dicevo prima, magari e’ gelosia, magari e’ voglia di apparire, magari e’ competizione. O magari e’ semplicemente il senso, che a volte manca a noi italiani, di fare qualcosa di bello per la comunita’ e non solo per noi stessi. Di migliorare il mondo in cui viviamo, a partire dalle zone comuni. Tanto da farle diventare attrazioni turistiche e far conoscere l’intero quartiere al resto della città, come nel caso di Dyker Heights.
Quindi, se andate a vedere e fotografare le luci di Natale, anziche pensare a quanto siano belle o pacchiane o luminose o festive, pensate a quanto facciano comunità. Pensate a quanto a volte basta davvero poco per far diventare il mondo un pizzico migliore. E magari perché no, prendetelo da esempio, e portatevene un pezzo (figurato!!) a casa.
*le foto sono state prese da Gothamist.
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