Nelle scorse due settimane abbiamo dovuto dire “Goodbye” a tre nostri amici. Uno, di origine indiana, e’ partito alla volta del Tennessee, dove frequentera’ un MBA, mentre gli altri due, un’inglese e un australiano, sono stati trasferiti per lavoro a Vienna.
Il fatto sembra apparente normale – capita che la gente si trasferisca. Se non fosse che a New York non passa mese senza che qualche amico se ne vada. New York e’ prevalentemente una citta’ di passaggio, una sorta di purgatorio di cemento dove si decide cosa fare delle proprie vite, dove ci si immerge totalmente nel centro della spirale per poi venire catapultati da altre parti ad estrema velocita’. Il che sembra molto affascinante, ma anche estremamente triste se visto dal punto di vista di chi dalla spirale non ci e’ ancora uscito.
E quindi, “Come sono i tipi di amicizia che si instaurano?”, chiederete voi. Beh, al contrario di quanto si pensa, non sono effimeri e fuggevoli – sono invece molto profondi, duraturi, sentiti. Anche dovessero durare relativamente poco nel tempo.
E stiamo parlando di due persone (noi) i cui migliori amici di sempre sono i compagni delle elementari, medie e superiori; la cui distanza che li separava dagli amici variava dall’attraversamento di un pianerottolo, alla percorrenza di tragitti campagnoli, quasi sempre copribili in bicicletta. Beh, da piccoli topini di campagna, abbiamo scoperto, a New York, di essere in grado di stringere rapporti incredibili con persone che hanno vissuto con un serpente come animale domestico, che percorrevano la strada casa-scuola insieme ad un branco di canguri sul ciglio della strada, con chi non e’ mai uscito da un’isola, si lavava nel fiume, o, molto piu’ semplicemente, con chi e’ stato abituato a dire “Belin” o a mangiare le piadine con lo squacquerone.
Perche’ fondamentalmente sono due le cose che ci accomunano con persone che vengono dai piu’ disparati angoli del mondo: il fatto di amare New York, e il fatto di essere lontani da casa.
E cosi si passano serate allegre a scoprire nuovi posti nascosti della Grande Mela, o serate dalle note un poco piu’ tristi dove si parla di casa. Si viene chiamati Uncle and Aunty, si impara a dire “Happy Holidays” anziche’ “Merry Xmas”, ci si scambiano ricette culinarie assurde (“Ma voi mangiate il coniglio?!”, “Beh, voi mangiate i coccodrilli!”), si discute animatamente su come si pronunci la parola “verde” (“e” aperta o “e” chiusa?!), si scompare per un po’ e si ritorna dicendo “Hey guys, sorry, we had visitors over from (Paese d’origine)”, venendo riaccolti a braccia aperte – perche’ quando si tratta di altri amici in visita dal proprio paese siamo un po’ tutti sulla stessa barca.
Ci si mescola. E ne si esce arricchiti, con una visione del mondo meno quadrata e piu’ liquida.
A chi di voi ci ha chiesto, o si chiede: “Com’e’ stringere amicizie nella Grande Mela” rispondiamo: e’ un’esperienza fantastica, meravigliosa, che ti cambia la vita e ha tantissimi pro – con un unico grande contro: non importa quanto vi obbligherete a “non affezionarmi pero’, questa volta” – vi affezionerete, e a nessuno piace dire “Goodbye”.
Credits: la foto e’ stata tratta dall’album Flickr di Hot Rod Homepage.
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