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A quel punto si pensò bene di circondare il muro con pannelli di legno, che ovviamente furono graffitati a loro volta.
Prima di passare all’artista successivo, il muro fu completamente ripulito e la palla passò nelle mani di IRAK. Ma la sua opera, un enorme omaggio all’artista SACE, durò soltanto ventiquattro ore. Per ultimare il muro per il 2010, fu chiamato Kenny Scharf, un amico di vecchia data di Keith Haring, che ideò un accozzaglia di Slimer coloratissimi.
Lo spazio fu poi concesso per la prima volta ad un’opera morale, Lakota, Dakota Nation, dell’artista francese JR. Interamente coperto dal viso dipinto di un Indiano d’America, il muro diventò il veicolo per denunciare l’abbandono e l’impoverimento delle comunità di Nativi Americani.
Un ulteriore cambio di direzione fu dato poi nel 2011 dal duo di Brooklyn FAILE, con il loro Mural, in puro stile pop art pulp.
L’ultimo mutamento è avvenuto a marzo, quando il losangelino RETNA riportò ordine con il suo murale stilizzato e calligrafico.
Non ci resta che attendere la prossima metamorfosi del muro più famoso del mondo.
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